La tenace convinzione del grande Josef

Chi scende dalla panoramica funivia dall’altopiano di Renon può riconoscere nella zona dei Piani un podere verde volutamente preservato dall’espansione edilizia della città di Bolzano: è il maso Nusser, dove due giorni dopo il Natale del 1910 nacque il piccolo Josef.

Sabato 18 marzo anche al maso arriverà lo scampanìo festoso delle campane del Duomo bolzanino dove Mayr-Nusser sarà proclamato beato, martire della coscienza. Quel semplice figlio di un viticoltore viene indicato come esempio di cristianesimo adulto, testimonianza radicale: nel 1944 ebbe il coraggio di dire un netto no al giuramento delle SS per Hitler, ben sapendo di andare incontro al campo di concentramento.

La sua tragica morte a soli 34 anni sul carro bestiame che lo portava a Dachau e la dolcezza del suo animo testimoniata molti anni dopo anche da uno dei suoi aguzzini non devono peraltro offuscare dentro un alone leggendario la concretezza della sua figura: Mayr-Nusser è un figlio del nostro tempo, un laico cristiano vicino a noi, dalle paroli forti e chiare. Bravo impiegato, marito innamorato e padre affettuoso (il piccolo Albert aveva solo un anno quando egli morì di stenti), Mayr-Nusser ha condiviso il tenore di vita di tanti contadini, le Messe feriali all’alba, l’amicizia di altri giovani del volontariato cattolico.

Quel maso di famiglia sulle rive dell’Isarco aveva le porte sempre aperte per i bisognosi e il piccolo Pepi – come lo chiamavano in casa – imparò a condividere il pane con i poveri: il suo volontariato nella San Vincenzo – alla stregua di un altro giovane beato come Pier Giorgio Frassati – lo portò a maturare una carità concreta, promozionale della persona bisognosa, “politica” nella sua richiesta di giustizia sociale.

Nella chiesetta di San Giovanni egli si forma con gli amici dell’Azione Cattolica dando vita ad uno di quei “piccoli gruppi di giovani pronti all’azione” in cui vede il sale di un cristianesimo di minoranza, antidoto alla propaganda di massa e all’ideologia del Furher, contro la quale scrive pagine durissime e incisivamente profetiche.

Si radica nel primato della coscienza, forgiata cristianamente, il motivo profondo della coraggiosa opposizione al fascismo che Mayr-Nusser esprime anche come contributo politico, per il bene comune. “Se nessuno avrà mai il coraggio di rifiutare il nazionalsocialismo, le cose non cambieranno mai”.

Non era facile in quegli anni concretizzare con le proprie scelte di vita quest’opposizione alla violenza e alla dittatura. Non lo fu per una generazione di altoatesini – italiani di lingua tedesca “tentati” dalle Opzioni – che infatti ora trovano inevitabilmente “scomoda” la coerenza di questo beato. Non lo fu anche per tanti trentini sotto il fascismo, come dimostrano al contrario gli scritti coraggiosi dell'arcivescovo Celestino Endrici documentati proprio in questi giorni al Vigilianum da mons. Luigi Bressan.

Il soldato Josef ci appare come testimone di ogni matura obiezione di coscienza (come l’austriaco Jagerstatter, pure figli di contadini) ma anche esempio del coraggio di mantenere fede alle proprie convinzioni, dopo averle consolidate: “Non ha perso d'attualità lo sforzo di mio padre d'informarsi e confrontarsi, discutere e foromarsi una propria opinione”, ha confidato il figlio Albert in una conversazione con un gruppo di capi scout.

Una visita alla sua tomba in Duomo, al suo ritiro sul Renon o al suo maso ben riconoscibile dall’alto fra i vigneti va indicato anche alle comunità trentine, perché la vicenda di Mayr-Nusser supera i confini culturali e linguistici ma anche l’esperienza religiosa. Come attualizza Paolo Valente nel suo fresco volume intitolato con felice sintesi “Fedeltà e coraggio”: “Il no di Mayr Nusser non è proprietà esclusiva dei cristiani o dei cattolici, ma è nella disponibilità di tutti. Perché quel “no” è soprattutto un sì alla verità. Nella convinzione che non si può vivere pienamente, né amare, se non nella verità. In quella Verità che non possediamo, ma che ci possiede”.

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