Sud Sudan, grave crisi umanitaria

La Repubblica del Sud Sudan, indipendente dal 2011, vive una delle crisi umanitarie più gravi del continente africano a causa del conflitto iniziato nel 2013 e delle violenze perpetrate sulla popolazione da parte delle milizie in lotta. Secondo le Nazioni Unite 100.000 persone stanno rischiando di morire di fame. E per 5 milioni e mezzo i sudsudanesi, più della metà della popolazione, nei prossimi mesi sarà sempre più difficile avere cibo a disposizione. La farina e il riso costano quasi più di un salario medio. La sterlina locale subisce forti e repentine svalutazioni a causa del calo del prezzo del petrolio, di cui il Paese è ricco. E in alcune zone c’è il colera. Quasi due milioni, infine, le persone in fuga dalla guerra e che necessitano di assistenza umanitaria, conferma Medici con l’Africa-Cuamm, che gestisce tre ospedali e decine di ambulatori nel Paese. Dalla fine di gennaio circa 30.000 persone sono fuggite dai combattimenti nell’area di Wau Shilluk, nella regione del Great Upper Nile, e ora hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria, ammonisce Medici senza frontiere (Msf), che fino a poco fa gestiva un ospedale in città poi evacuato a causa dei combattimenti.

“La situazione del paese è sempre piuttosto caotica ed incerta, con una vera pulizia etnica in certe zone e una leggermente più velata in altre. Qui gli sfollati non accennano ad andare a casa a dormire perché hanno paura e molti di loro non hanno nemmeno più una casa”, scrive dall’ospedale di Wau, nella regione sud sudanese di Bahr-El-Ghazal, suor Maria Martinelli, missionaria comboniana, in una sua corrispondenza al Centro missionario di Trento. “Da un paio di settimane non c’è l’acqua e benché nel campo ne portino con i camion e ci siano tre pozzi a mano, non è comunque abbastanza”. E conclude: “Il lavoro è sempre tanto e siamo punto di riferimento non solo per la città ma anche per posti molto lontani. Per come stanno le cose e non ultimo per la situazione economica, molti pazienti arrivano in ospedale dopo molti giorni di malattia, stremati”.

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