“Fame e siccità, è una catastrofe”

“È una situazione catastrofica: bisogna riportare la pace nel Paese ed agire subito, prima che sia troppo tardi”. Da Roma, dove è venuto proprio per chiedere aiuti urgenti a Caritas internationalis, monsignor Erkolano Lodu Tombe, vescovo di Yei e presidente di Caritas Sud Sudan, lancia un disperato appello per il popolo sudsudanese. Il Paese, indipendente dal 2011, è nuovamente scosso da una guerra interna che contrappone l’esercito fedele al presidente Salva Kiir, di etnia dinka, e le forze dell’opposizione dell’ex vice presidente Riek Machar, di etnia Nuer. La guerra ricominciata nel 2013 è la causa di una gravissima carestia con 1 milione di persone che già soffrono la fame, 270mila bambini denutriti, 5 milioni di sfollati all’interno e all’esterno del Paese. 5,1 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti umanitari.

I vescovi delle sette diocesi sud-sudanesi hanno scritto una lettera pastorale lo scorso 23 febbraio chiedendo urgentemente la pace. La Cei ha destinato 1 milione di euro all’emergenza, da ripartire tra la Caritas e le altre organizzazioni umanitarie. In questo scenario si colloca l’annunciata visita di Papa Francesco insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Chiesa anglicana. “Può darsi che si farà a ottobre”, annuncia monsignor Tombe: “Voglio dire a Papa Francesco che lo stiamo aspettando”.

La situazione in Sud Sudan, conferma mons. Tombe, è catastrofica: “Non c’è cibo, non c’è pace e la gente soffre. Quando una guerra torna, la distruzione è molto rapida, ma ricostruire richiede molto tempo. Non c’è stabilità. C’è una terribile crisi economica, la gente è affamata, non solo nelle zone degli scontri. I prezzi dei prodotti al mercato sono altissimi e la popolazione non può permettersi di comprare cibo. Non ci sono medicine. I bambini non possono andare a scuola perché i genitori non possono pagare gli studi. Nelle zone colpite dalla guerra la gente è impaurita, è costretta a fuggire. Ci sono gruppi che attaccano anche i civili, danno fuoco ai villaggi, uccidono le persone nelle loro case. Moltissimi si sono rifugiati in Uganda, Congo, Sudan e Etiopia. Altri sono sfollati vicino alle città, come a Juba. Il governo ha dichiarato la carestia in Sud Sudan due settimane fa ma è già troppo tardi. Doveva agire prima”.

In conclusione, un appello alle parti in causa e alla comunità internazionale: “Ci rivolgiamo alle persone coinvolte perché negozino, dialoghino e non risolvano i problemi politici solo attraverso lo scontro. Alla comunità internazionale chiediamo un’assistenza umanitaria d’emergenza che sia in grado di raggiungere tutti i villaggi, in ogni angolo del Paese: abbiamo bisogno di cibo, medicine, acqua potabile e di una azione di advocacy per la pace”.

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