Il Sepolcro segno di speranza e unità

Il simbolo stesso dell'identità cristiana di Gerusalemme, il luogo fisico che custodisce la memoria della Risurrezione del Signore – perché a differenza di ogni altra tomba non racchiude un corpo, segno della vittoria sulla morte – dal 22 marzo è tornato luogo di preghiera e pellegrinaggio. Dopo quasi un anno di lavori di restauro che hanno interessato l'edicola che sovrasta la monumentale costruzione il Santo Sepolcro è riaperto ora ai pellegrini che arrivano in Terra Santa in vista della prossima Pasqua. Festa che, per una felice coincidenza tra calendario giuliano e gregoriano, quest'anno verrà celebrata nella stessa data e nella Veglia Pasquale del Sabato Santo proprio dal Santo Sepolcro si sprigionerà il Fuoco Santo, simbolo del Risorto, che illuminerà l'intera basilica inizialmente lì voluta dall'imperatore Costantino nel 324.

I lavori, effettuati per conto delle tre comunità di cristiani di Terra Santa (cattolica, armena e ortodossa) sotto la direzione di Antonia Maropoulou dell'università di Atene che ha coordinato uno staff di 30 colleghi e diversi collaboratori e una nutrita serie di finanziamenti di varia provenienza (compresi il governo greco e il re di Giordania), assumono oggi un “valore simbolico aggiuntivo” come spiega il custode di Terra Santa, il trentino fra Francesco Patton ofm. “Il luogo della Risurrezione del Signore, alla base della nostra fede e della nostra speranza, diventa oggi anche il segno di un importante lavoro di consolidamento delle relazioni fraterne con la restaurazione di un profondo senso di fiducia reciproca fra le nostre tre comunità cristiane in Terra Santa”.

Un luogo che per i Francescani rappresenta anche un valore affettivo legato alla storia della loro presenza laggiù: lo stesso san Francesco in una delle sue Lettere ricorda la venerazione per questo luogo dove i suoi Frati giunsero fin dal 1217 e tanto contribuirono nella storia al suo studio e conservazione (imponente fu il restauro completato nel 1555 dall'allora custode Bonifacio da Ragusa).

La solenne celebrazione ecumenica di ringraziamento (“un evento assolutamente straordinario” commentava Patton) che si è svolta la settimana scorsa testimonia il dialogo e la vicinanza dei cristiani, presenti anche copti, siriaci ed etiopi. “Ciò che si ritiene impossibile può diventare possibile” ha detto in quella sede il patriarca greco-ortodosso Theofilus III auspicando di “raggiungere una convivenza pacifica e armoniosa e condividere questa Terra Santa e soprattutto Gerusalemme, sacra allo stesso modo per le tre religioni abramitiche, giudaismo, cristianesimo e islam”. Con lo sguardo e il cuore rivolti ai tanti conflitti che insanguinano il Medio Oriente il suo confratello Bartolomeo I di Costantinopoli invitava a pregare per la pace e l'unità.

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