Il chiarore di un nuovo inizio

Se hai spezzato la pietra/

se le hai tolto l’ultima parola/

e dal lampo d’oro fuso/ alla crepa si è accesa/

la torcia al viandante.

Diciamoci, con parole e con segni, col sorriso e col canto, Buona Pasqua.

Esplicitamente, senza imbarazzo e vergogna, con  gli occhi incantati di bimbi,

che hanno se non altro il sogno dell’innocenza e dell’ingenuità.

Diciamolo a noi stessi, anche per gioco, davanti allo specchio,

o guardando il cielo, come sia, sereno o nebbioso, promettente o cupo.

A qualunque età e col grado di malizia o di disillusione “maturata”.

Diciamo Buona Pasqua alle persone care,

anche e tanto più alla memoria dei morti,

agli amici, ai passanti, persino ai nemici, diciamolo per tutti.

Non è possibile che non abbiamo pensato nemmeno talvolta all’eco,

all’irradiazione, a quell’inoltrarsi mentale in un giardino fiorito,

o nel mezzo di un campo di grano,

al disvelamento, almeno ipotetico, che la parola pasqua da sempre volle dire.

Prendiamo pure il pretesto o la spinta dall’atmosfera naturale della primavera,

o da quella artificiale e convenzionale delle uova, delle colombe, della vacanze,

del voler andare altrove. Perché già il nome originale indica

proprio un andare via, un conquistare una liberazione.

Dire Buona Pasqua, pensandoci un po’, alla luce o nel senso di nebbia

della storia e delle nostre storie,

ripeterselo, ascoltarne le associazioni, le allusioni o forse illusioni.

Forse si muovono onde di musica, sommessa e a bocca chiusa come nella Butterfly

o squillante e trascinante come negli Halleluja di Handel e di Bach o mille altre musiche,

che uomini, credenti o ansiosi e in ricerca, hanno cavato

da ogni anfratto dell’anima, da corde vocali e da ogni strumento e materiale.

E da dentro una nuvola di luce o spiando per un pertugio, hanno avvistato l’affiorare,

all’orizzonte della coscienza, del chiarore di un’alba, il senso sospeso di un inizio.

Un possibile, desiderabile nuovo inizio,

di cui corre nel tempo fino a noi l’annuncio,

del quale i credenti restano in attesa e ascolto,

nonostante gli strepiti di fondo e del proscenio.

Marco Morelli

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