Nei volti dei lampedusani gioia e fatica dell’accoglienza

La caratteristica principale di Lampedusa è sicuramente l’essere sempre stata un punto d’incontro (conflittuale ma non solo) fra i popoli del Mediterraneo. Questa sua funzione è anche dimostrata dalla leggenda di un eremita che divise una grotta in due parti, una dedicata al culto cristiano ed una al culto musulmano, celebrando da una parte o dall’altra a seconda di chi vi arrivava.

Questo accadeva e accade perché è un’isola più vicina all’Africa che alla Sicilia, posizione che la rende oggi protagonista per quanto riguarda il fenomeno migratorio.

La Porta d’Europa è un’opera dell’artista Mimmo Paladino eseguita nel 2008, posta all’imboccatura del porto, rivolta verso l’Africa e che rappresenta i valori dell’accoglienza, dell’aiuto i quali sono incarnati straordinariamente dal popolo lampedusano. Questo simbolo di pace si trova di fianco ad un bunker della Seconda Guerra Mondiale, distrutto, simbolo di guerra. Gli abitanti di Lampedusa sono accoglienti con chi arriva dal mare. Un esempio è  Francesco Tuccio, il falegname che nel 2009 ha iniziato a costruire delle piccole croci con il legno dei barconi. Croci che accettano anche i migranti musulmani, grati perché il loro dolore viene riconosciuto e condiviso.

I barconi non arrivano più perché, come ci ricorda la Guardia Costiera che incontriamo nei pressi del molo Favaloro, ormai non esistono più gli sbarchi “autonomi” dei migranti. Essi vengono recuperati a 12 miglia marine dalle coste libiche per evitare che si aggiungano troppi morti alla già lunga lista.

I media dipingono Lampedusa come l’isola invasa dai migranti e quindi stupisce non vederne che pochi, in tuta, che girano tranquilli fra gli isolani. Si scopre poi che sono quei migranti che escono dal “buco” del Centro di accoglienza o di detenzione (a seconda dell’isolano a cui si chiede) sovraffollato per le oltre mille persone arrivate da poco.

In municipio il vicesindaco Damiano Sferlazzo e l’assessora Antonella Brischetto rimarcano che durante il primo periodo migratorio i turisti non venivano a Lampedusa a causa dell’informazione falsata dei media che la dipingevano come “invasa“ dai profughi.

Oltre alle istituzioni ci sono molti privati che aiutano i migranti all’approdo e anche dopo. Lillo Maggiore e la moglie Piera sono fra questi. Altri si sono trovati casualmente a prestare soccorso ai migranti nel naufragio del 3 ottobre 2013, a poche centinaia di metri dalla costa, intervenendo con coraggio. Fra loro vi sono Costantino Baratta, Carmine Menna e la moglie Rosaria, che raccontano come l’esperienza li abbia cambiati anche in positivo, aprendo loro gli occhi davanti a questo fenomeno epocale.

Poi ci sono le associazioni come l’Osservatorio Lampedusa, il Forum Lampedusa solidale e Mediterranean Hope che, come ci spiegano i loro rappresentanti, aiutano in vari modi i migranti. Innanzitutto, con un abbraccio, un sorriso e una coperta termica al loro arrivo al porto.

Quando questi volontari parlano delle loro esperienze con i migranti si emozionano. Come Pietro Bartòlo, il medico di Lampedusa, che in 26 anni ha soccorso 300 mila persone ed ha eseguito  anche più di mille ispezioni cadaveriche per rendere possibile il riconoscimento. Nonostante tutto, si dice comunque ottimista, affermando che tutto questo finirà. “Perché – sostiene – non può andare avanti così; questo è un nuovo olocausto”.

Jacopo Lancerini

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