“Salviamo vite in mare, e ci sparano addosso!”

L'intervento dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni: “Le Ong decisive per salvare migliaia di vite umane”

Sono 43 mila i migranti arrivati attraverso il Mediterraneo dal primo gennaio 2017 a oggi; i morti sono 1.089. Le cifre le ha fornite martedì 25 aprile l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom-Oim), Agenzia delle Nazioni Unite con sede a Ginevra. Più dell'80 per cento di loro arriva in Italia, il resto in Spagna e Grecia. L'Oim è entrata anche nella polemica delle ultime settimane che vede le Organizzazioni non governative che operano con proprie imbarcazioni nel soccorso dei migranti in mare accusate di costituire un “fattore di attrazione” per chi cerca asilo in Europa, quando addirittura non di vera e propria collusione con i trafficanti di uomini e con gli scafisti. Accuse pesanti provenienti da più parti (la Procura della Repubblica di Catania ha anche aperto un'inchiesta), culminate con le dichiarazioni del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio (M5S). “La presenza di navi nel Mediterraneo non è un 'motivo di attrazione' che incoraggia i migranti, come si diceva anche ai tempi dell'operazione Mare Nostrum”, ha detto Federico Soda, capo della missione dell'Oim nel Mediterraneo. “Va detto invece che gli interventi di soccorso delle Ong sono stati decisivi per salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo Centrale”.

Finite nel mirino, organizzazioni italiane, tedesche e spagnole – come Medici Senza Frontiere, Proactiva open arms, Sos Méditerranée, Save the children, Sea Watch… – hanno reagito alle accuse, anche attraverso audizioni al Senato. Il 2 maggio sarà Medici Senza Frontiere a rispondere di fronte alla Commissione Difesa. “Le accuse contro le Ong in mare sono vergognose, ed è ancora più vergognoso che siano esponenti della politica a portarle avanti, alimentando l’odio e il discredito verso organizzazioni che hanno come unico obiettivo quello di salvare vite”, ha detto Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere, parlando di “polemica strumentale che nasconde le vere responsabilità di istituzioni e politiche, che hanno creato questa crisi umanitaria: se ci fossero canali legali e sicuri per raggiungere l’Europa, le persone in fuga non prenderebbero il mare e si ridurrebbe drasticamente il business dei trafficanti”.

“Fare chiarezza se ci sono dei dubbi” e non “polemiche strumentali” è l’invito di monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, “per salvaguardare il lavoro di tutte le Ong e per la dignità dei richiedenti asilo e rifugiati”. “L’ipocrisia e la vergogna, come ha detto Papa Francesco recentemente, è di chi strumentalizza tutto ciò per non salvaguardare un diritto fondamentale in democrazia e soprattutto le vite umane”, ha aggiunto, e per distogliere “dall’impegno vero che dovrebbe essere di tutti i Paesi europei e i cittadini di fronte a un dramma che sta crescendo e chiede più accoglienza, più Europa aperta, più capacità di fare un salto di qualità: organizzare canali umanitari e ricollocamento dei migranti nel contesto europeo”. Dello stesso tenore le prese di posizione di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli (“Il solo soccorso in mare non può essere la soluzione” e “non sarebbe così necessario” se “l’Europa stabilisse vie legali d’accesso”), di Oliviero Forti, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana (“Chi pone dubbi pesanti sull’operato di queste Ong dovrebbe per primo salire sulle navi e verificarne direttamente l’operato”). Di “vergognosa speculazione” parla Intersos, l’organizzazione umanitaria Intersos, che collabora con Unicef partecipando alle operazioni di soccorso sulle navi della Guardia costiera italiana. “Se siamo lì, è per fermare una strage aggravata da politiche basate sulla chiusura e la militarizzazione dei canali di migrazione, a scapito del rispetto di diritti umani e dei fondamentali principi umanitari”.

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