Vignaioli di montagna

La collaborazione tra le due associazioni è possibile, ma c'è qualche diversità da superare

L’idea di organizzare una due giorni dedicata ai vignaioli e ai vini di Trento e di Bolzano è stata di Mauro Levighi, segretario generale della CCIAA di Trento. A Paolo Milani che cura i rapporti dell’Ente camerale con la stampa si deve il suggerimento di far coincidere l’evento con il Festival della montagna per sottolineare che la montagna è patrimonio comune ai due sodalizi.

Il programma che si è svolto a palazzo Roccabruna (enoteca provinciale) comprendeva tre momenti: una presentazione dal titolo “Vignaioli di montagna: Trentino e Alto Adige si raccontano”; proposta di vini abbinati a prodotti della gastronomia trentina e altoatesina nella giornata di sabato 29 aprile; cena conclusiva nello stesso giorno preparata dai cuochi de rifugio Roda de Vael di Vigo di Fassa e della Chemnitzer Hutte di Lappago che si sono cimentati in un menù a quattro mani all’insegna di una cucina combinata con i vini in mostra. Ogni piatto era abbinato ad un vino presentato dal vignaiolo che lo ha prodotto.

Primi attori dell’evento: il Consorzio vignaioli del Trentino e l’ Associazione vignaioli dell’Alto Adige. I segretari delle due Camere di commercio, sponsor della manifestazione, a conclusione dell’evento hanno espresso la volontà di proseguire con l’organizzazione di altri eventi in comune.

Di seguito parliamo dell’incontro dei due gruppi che si è svolto alla presenza di un pubblico composto da una cinquantina di persone. Pochi i vignaioli trentini. Non molti, ma molto attenti e partecipi, quelli dell’Alto Adige.

La presentazione, moderata dal giornalista Paolo Massobrio de La Stampa di Torino, è iniziata con la narrazione della storia delle due Associazioni.

Quella di Trento è nata nel 1987 per iniziativa di sei vignaioli guidati da Luigi Pisoni contitolare dell’omonima azienda vitivinicola di Pergolese di Sarche. Oggi conta 70 soci che coltivano 500 ettari di vigneto e insieme producono il 6% dei vini provenienti dai 10 mila ettari di vigneto trentino. Si chiamava all’origine Associazione vignaioli del Trentino o Trentino dei vignaioli. Da tre anni è diventata Consorzio.  L’ Associazione vignaioli dell’Alto Adige è nata nel 1999 per iniziativa di 12 vignaioli. Oggi sono 98 e producono il 5% della totalità dei vini dell’Alto Adige che conta circa 5 mila ettari di vigneto.

Mario Poier che sedeva sul palco dei relatori insieme a Ciro Devigili per il Trentino (sull’altro lato c’erano Peter Robatscher, direttore dell’ associazione altoatesina e Kurt Rottensteiner) ha ricordato alcune delle aziende pioniere fondatrici; Poier & Sandri, Pravis, Zeni, Bossi Fedrigotti, de Tarczal e ha riferito che i vignaioli altoatesini sono scesi ripetutamente in Trentino per vedere come operavano. Rimanevano positivamente impressionati all’assaggio dei vini trentini. Poier non lo ha detto apertamente, ma si poteva intuire dal contesto, che oggi dobbiamo riconoscere la superiore qualità dei vini degli altoatesini o perlomeno  che al livello generalmente alto ed omogeneo per tutti i componenti dell’Associazione tirolese non corrisponde pari livello ai vini dei 70 vignaioli trentini.

L’evento che ha segnato lo spartiacque fra i due tipi di vitienologia, ha detto Poier, è rappresentato dallo scandalo del metanolo che risale alla metà degli anni ’80. Bolzano, spinto anche dal presidente della Provincia Luis Durnwalder, ha abbandonato i vini di massa che si vendevano in Svizzera e Germania e ha puntato decisamente sull’alta qualità e su vitigni diversi dalla Schiava del Lago di Caldaro e S. Maddalena ed anche del Trentino (Val di Cembra).

In Trentino ha invece preso il sopravvento la scelta del Pinot grigio che assicurava una grande quantità di vino neutro e leggero da esportare negli USA, ricavando molti soldi con i quali pagare l’uva prodotta dai soci delle cantine sociali. Ma a scapito soprattutto dei vini di territorio. In più c’è da dire che a Bolzano i vignaioli mantengono stretti rapporti con le cantine sociali peraltro di dimensioni minori rispetto ai colossi trentini, mentre in Trentino il distacco tra vignaioli e grandi cantine è sempre più marcato.

La narrazione dell’attività all’interno delle due associazioni ha però evidenziato anche molti fatti ed aspetti positivi. La scelta coraggiosa di Ciro Devigili di trasformare Maso Toldin sulla collina di Lavis in azienda viticola che produce uve da vino con metodo biologico e consegna il vino ad una società esterna che lo valorizza puntando su una clientela di censo.

Il successo opposto del vitigno Solaris  resistente alle malattie portato da Poier in alta Val di Cembra. Il tentativo, parzialmente riuscito, di riportare in auge i vitigni Groppello e Negrara; il ritorno alla Nosiola; l’introduzione di vitigni nordici tipo Franconia.

La fedeltà dei vignaioli altoatesini ai vitigni autoctoni contemperando però tradizione e innovazione e aprendo la strada anche a vini nuovi tipo Moscato giallo dolce e incrocio Manzoni.

Esemplare il fatto che i soci altoatesini si riuniscano per assaggiare i vini dei colleghi di cordata per valutarli criticamente prima dell’ imbottigliamento.

A guidare cantine sociali e vignaioli rimane la stella Alto Adige Sudtirol.

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