La verità dei segni, anche al cimitero

In Dialogo aperto di Vita Trentina del 9 aprile scorso una lettera pone alla nostra attenzione uno dei tanti aspetti problematici della celebrazione dei funerali oggi, come i discorsi di addio spesso assai poco “cristiani”; il saluto iniziale con l’acqua santa, tipicamente “trentino”, a cui si è aggiunto il momento delle condoglianze ai familiari che deborda e impedisce a volte l’avvio della celebrazione comunitaria…

Il lettore, giustamente attento alla tradizione ma anche al valore dei segni e della partecipazione della comunità, invita a non trascurare il momento e la pratica del cammino processionale verso il cimitero.

Certamente ormai stiamo perdendo, per molteplici fattori, un aspetto assai significativo della ritualità che prevede ancor’oggi nel Rito delle Esequie (edizione italiana del 2011) le tre “stazioni”: alla casa, alla chiesa e al cimitero.

Il camminare insieme dei cristiani con il defunto dalla sua casa alla chiesa e dalla chiesa al cimitero, quando è possibile, è ancora profondamente simbolico e pregnante del cammino della vita. Corriamo oggi il pericolo di perdere quella che è una delle componenti fino ad ora normali e belle dei nostri funerali: la numerosa e attenta presenza e partecipazione della comunità cristiana.

Ma il nuovo rito, come ogni celebrazione liturgica, ha bisogno di quella che è la nozione fondamentale del rito liturgico: la verità del segno, la verità di quello che si compie, che si celebra. Se il corpo del defunto viene subito sepolto ecco che è giusto poterlo accompagnare al cimitero; ma nel caso della cremazione, pur nel rispetto della scelta, a volte imposta dalle situazioni contingenti, non c’è la verità del segno. Se quel corpo non viene sepolto in quel momento, ma viene portato altrove per la cremazione, ecco che allora la liturgia non si piega a fare una cosa non vera, quasi una farsa. Non si può far finta di portarlo al cimitero!

Il nuovo Rito prevede che normalmente le esequie vengano fatte nella verità con la presenza del corpo; di quel corpo che è stato battezzato nell’acqua, segnato con l’olio del Crisma e nutrito della Santa Eucaristia. Per questo, per esempio, vieta di incensare e aspergere con l’acqua benedetta le ceneri di un defunto, ma solo il suo sepolcro nel momento del seppellimento definitivo dell’urna cineraria, quando i resti sono offerti alla preghiera e alla memoria della comunità, nel luogo del riposo, il cimitero.

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