Villaggio, la partita dell’accoglienza

Da qualche settimana al SOS di Trento accoglie sei donne richiedenti asilo e i loro bambini. Il progetto, presentato nel corso del XV “Partitone” durerà un anno. Ma, sottolinea il direttore Odorizzi, “perché sia veramente efficace, serve l'aiuto di tutta la comunità”

Trento – Sul campetto un po' in pendenza risuonano già i rumori delle prime sfide, il pallone rimbalza a lato del palo e fugge veloce giù per la collinetta. Poco dopo, decisamente più preciso, un gran tiro fa vibrare il cotone della rete, sibilando a mezz'aria. Gol, palla al centro.

Sulla “piastra” di cemento incastrata tra le casette sono da poco cominciati gli incontri del “Partitone”, la 24 ore di calcio ospitata come da tradizione a fine maggio, dal Villaggio SOS. Quindicesima edizione, recita il logo impresso sulle magliette dell’evento, quest’anno di un bel giallo vivo.

La indossa anche una delle giovani richiedenti asilo che sorride alla piccola folla variopinta radunata sotto l'abitazione che la ospita da qualche settimana. Saluta dalla finestra aperta che lascia uscire un buon profumo di spezie e olio bollente. Un'altra ragazza è ai fornelli. “Sono un po' in ritardo”, dice rimanendo concentrata sulle pietanze che sta preparando: riso africano e verdure, una salsina rossa come il fuoco, merluzzo, tacchino, platano fritto. Tutto buonissimo.

Vivono insieme, sei donne – una è nata in Pakistan, un'altra in Guinea Conakry, quattro sono nigeriane – appena maggiorenne la più giovane, trentacinque anni la più vecchia, e i loro quattro bambini, un quinto in arrivo a giorni. La più piccola di loro è nata in Trentino, dopo il durissimo viaggio nel pancione della mamma. Ha solo pochi giorni, muove le mani cercando il contatto con il calore della pelle materna, negli occhi ancora infastiditi dalla luce, scintilla la vita.

Chi già a suo agio con l'italiano, chi mastica appena qualche sillaba, imparata da poco. Non è un problema, perché i sorrisi e quella tavola imbandita rappresentano il “grazie” più semplice genuino verso chi le accoglie. E che oggi si stringe attorno a loro in un caldo e festoso abbraccio, che riesce a tenere a bada anche le minacciose nuvole cariche di pioggia che nascondono il sole della sera.

“La presenza di queste donne e di questi bambini rende più ricco il Villaggio, ma anche tutta la città”, le parole del sindaco di Trento, Alessandro Andreatta. “La convivenza, l’integrazione, lo stare insieme sono l’unica possibilità che abbiamo. Chi si apre, rischia, ma poi scopre di aver fatto passi avanti, di crescere, di imparare qualcosa dall’altro”.

Nuova linfa scorre all’interno del Villaggio, pagine ancora da scrivere sul grande libro cominciato da più di mezzo secolo che raccoglie storie di culture e provenienze che si incrociano, di solidarietà, di vicinanza. Di accoglienza. Cambiare i modi e gli strumenti, insomma. Non la mission. “Ma perché questo progetto sia efficace serve l’aiuto di tutta la collettività”, rilancia il direttore Giovanni Odorizzi. “A queste donne va cercata un’occupazione, una fonte di reddito per provare ad essere autosufficienti. Non c’è solo l’assistenza ma, soprattutto, non c’è solo il Villaggio, ma tutta la comunità che deve essere partecipe, dare una mano”.

Il progetto durerà un anno. “Quando la Provincia nel suo lavoro continuo per dare una sistemazione ai migranti, ci ha chiesto la disponibilità, non abbiamo nemmeno dovuto pensarci troppo”, dice il presidente Alberto Pacher. “In un momento come questo, dove non solo la nostra città, ma tutto il Paese e l'Europa stessa sono chiamati a uno di più di solidarietà, il Villaggio non poteva non esserci”.

Per niente infastidito dal festante vociare sotto la casa, il più grande dei bambini accolti dorme beato nel suo lettino. Ha due anni e mezzo e una storia ancora tutta da scrivere. Forse, intanto, sogna di giocare assieme a nuovi amici, correndo dietro a un pallone su quel campetto un po'in pendenza, incastrato tra le case.

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