Canapa da seme e fibra

Porta la data 2 ottobre 2015 una nostra notizia nella quale riferivamo che in Trentino si coltiva canapa per ricavarne olio, farina e fibre isolanti, queste ultime impiegate nell’edilizia.

La notizia ha suscitato interesse, ma anche molti dubbi e domande di chiarimento. Alessandra Sommovigo, direttrice dell’ENSE (Ente nazionale sementi elette) di Bologna interpellata in proposito forniva informazioni utili e di chiarimento. Da quando l’Unione europea ha legalizzato la coltivazione della canapa (Direttiva 2002/53/Ce) non si fa più la distinzione fra Cannabis sativa e Cannabis indica. Il discrimine tra varietà che si possono coltivare e varietà passibili di denuncia è il contenuto di Tetra-idro-cannabinolo (THC) che non deve superare lo 0,2%. Dalle analisi eseguite dall’ENSE le varietà autorizzate dall’Unione europea ed iscritte in apposito elenco non hanno mai rivelato un contenuto di THC superiore allo 0,03% La coltivazione di canapa per uso farmacologico e terapeutico (terapia del dolore) è affidata in esclusiva all’esercito italiano. I campi di coltivazione si trovano all’interno del parco di Peretola vicino a Firenze. Seguivano da parte della ricercatrice dell’ENSE alcune raccomandazioni rese all’epoca obbligatorie in base ad una normativa nazionale frammentaria e in parte da definire: segnalare l’inizio di attività e le coordinate del campo alla più vicina stazione dei carabinieri o della Guardia di Finanza. Conservare i cartellini per dimostrare la provenienza del seme in caso di controllo.

Siamo ai primi di giugno del 2017. Da Flavio Kaiserman, tecnologo della Fondazione Mach che si occupa di coltivazioni marginali (officinali, aromatiche, agroalimentari) fornendo assistenza su richiesta alle aziende agricole interessate, apprendiamo che almeno 25 conduttori di aziende agricole prevalentemente situate all’esterno dell’agricoltura intensiva (meli e vite) stanno seminando canapa da seme e fibra.

Le varietà prescelte sono: Finola, a taglia bassa e Uso, la più bassa di quelle a taglia alta.

Posticipando la semina della seconda varietà, Kaiserman spera di ottenere piante di altezza ridotta, tale da consentire il taglio con una falciatrice meccanica adattata. Per sottolineare il ritardo con il quale si muovono i trentini (ai 25 citati si aggiungono una decina di indipendenti), Kaiserman riferisce che ad una recente fiera specializzata di Bologna era in mostra un prototipo di falciatrice che aggiunge al taglio una attrezzatura adatta alla raccolta dei semi (acheni) e successiva estrazione dell’olio. Emilia Romagna e Veneto, per non parlare dell’Alto Adige e della Svizzera, dice l’esperto, sono molto più avanti di noi. Soprattutto come ampiezza quanti-qualitativa di prodotti freschi o lavorati ricavati dalle varie parti delle piante di canapa.

Un incentivo a promuovere la coltivazione, seppure con occhio aperto alla effettiva possibilità di smercio dei derivati è rappresentata dalla legge nazionale 2 dicembre 2016 numero 242 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”. C’è un solo punto della legge da definire. La articolo 5: “Limite di THC negli alimenti” stabilisce che con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, saranno definiti i livelli di residui di THC ammessi negli alimenti.

Campa caval che la canapa cresce. Citiamo il detto solo per scaramanzia.

Tutto il resto è a vantaggio dei potenziali coltivatori di canapa. Articolo 2: la coltivazione delle varietà di canapa elencate nel registro Ue è consentita senza necessità di autorizzazione. Articolo 3: “obbligo del coltivatore”. Il coltivatore ha l’obbligo di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a 12 mesi. E’ inoltre tenuto a conservare le fatture di acquisto per cinque anni. Articolo 4: “Controlli e sanzioni”. Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato ad effettuare controlli, prelievo di campioni e analisi per stabilire il contenuto di THC. Se l’esito delle analisi risulta superiore allo 0,2% ed entro il limite dello 0,6% la responsabilità non è posta a carico del coltivatore, ma del fornitore della semente.

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