WBO, una via coraggiosa per uscire da crisi azienali

Si chiama “Workers buy-out” e prevede che i dipendenti acquisiscano l’azienda in difficoltà

Come Vita Trentina ha riferito tre settimane fa, una cooperativa di lavoratori ha chiesto di prendere in affitto Tassullo Materiali, la società al centro di un intricato caso giudiziario, dopo che la Corte d'Appello di Trento ne ha revocato il fallimento. Sapremo nei prossimi mesi se CALCE, Cooperativa Anaune Lavoratori Cementieri, potrà realizzare il proprio progetto di subentro. La cosa certa è che ci sta provando, e questa è la vera notizia: c'è un gruppo di dipendenti, per lo più «ex», che tanto credono nell'impresa in cui hanno lavorato da rischiare (e molto) del proprio, pur di farla rivivere.

Questo tipo di operazioni prende il nome di workers buy-out (WBO), cioè acquisizione di un’azienda da parte dei suoi dipendenti (attuali o ex), che quindi diventano imprenditori di se stessi. Sono diffuse soprattutto negli Stati Uniti ma, per via della crisi e delle novità legislative, cominciano ad attecchire anche in Italia, dove sono per lo più attuate in forma cooperativa. Un risveglio di interesse che sta contagiando i media: se n’è parlato anche nel popolare programma televisivo Porta a Porta del 20 giugno.

Secondo CFI (Cooperazione Finanza Impresa), la società partecipata dal Ministero dello sviluppo economico, le operazioni di WBO attivate negli ultimi trent’anni sono circa 300, con le quali sono stati creati o salvati 10 mila posti di lavoro. È cosi, ad esempio, che si è salvata la Bontempi, diventata cooperativa abruzzese produttrice di strumenti e giocattoli musicali per bambini.

Il WBO è sostenuto in varie forme, che gravitano attorno alla «legge Marcora». Accanto ai finanziamenti veicolati da apposite società finanziarie, come CFI, è previsto l'anticipo dell'indennità di mobilità che, insieme al TFR, costituisce di solito il primo gruzzolo utilizzato dai lavoratori per acquisire la «loro» azienda. Molto importante è anche il diritto di prelazione, recentemente riconosciuto a favore delle cooperative di dipendenti di un'impresa in fallimento o altra procedura, sull'affitto o la vendita del patrimonio aziendale. 

Sorge però spontanea una domanda: può un'azienda, finita in cattive acque sotto la guida di un imprenditore, essere rilanciata dall'autogestione dei dipendenti? Lo scetticismo è legittimo. Tuttavia il coinvolgimento diretto dei lavoratori, la loro esperienza e l'intima conoscenza dell'impresa possono effettivamente fare la differenza. Specie in alcune situazioni, come nelle imprese a proprietà diffusa o in mano a investitori istituzionali (in cui molte scelte sono demandate al management) o nella successione aziendale. Dirimente è il piano industriale, cioè le previsioni in base alle quali si conta di rilanciare l'azienda, e che fanno capire se il WBO è una vera opportunità oppure una trappola. Secondo alcuni dati, fra le imprese salvate dal WBO vi sarebbe un tasso di mortalità piuttosto contenuto (22%) «più basso di quello delle tanto ammirate start-up (35%)» come declama la pubblicità istituzionale.

Speriamo. Il Trentino non vanta molte esperienze al riguardo. Eppure potrebbe accompagnarle con le migliori condizioni di contesto, e fungere ancora una volta da laboratorio di buone pratiche, emulando le regioni più virtuose, come la Toscana e l'Emilia. È un'idea di prospettiva che consegniamo alla Cooperazione Trentina, formulando nel frattempo tanti auguri ai lavoratori che si stanno mettendo in gioco, e che proprio per questo meritano tutta la nostra ammirazione.

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