Capitale della cultura dell’incontro

Il vicesindaco Rossi: “Vogliamo coinvolgere un ricco complesso di voci tra enti e personalità culturali della città e del territorio”

Merano – Progetto velleitario? Proporre Merano come “capitale della cultura” ha una sua logica originale: non l’esibizione di “una” cultura, ma la promozione dell’incontro tra più culture. È la scommessa della “città sul confine”. Ne abbiamo parlato col vicesindaco Andrea Rossi.

Vicesindaco Rossi, che cosa fa di Merano una potenziale “città italiana capitale della cultura”?

Il progetto del Ministero copre un arco temporale che va dal 2015 al 2020. Merano propone la propria candidatura nella convinzione che la chiusura ideale di questo percorso possa essere rappresentato da una città nella quale, per storia e presente, la cultura italiana dialoga quotidianamente con quella di lingua tedesca e, attraverso essa, con quella europea. Un esercizio di contaminazione reciproca, di colloquio continuo che, tra le 46 città candidate, solo Merano può offrire. Non un esercizio di orgoglio nazionale, ma il riconoscimento di un ruolo di ponte e di confronto.

Che cosa significa in concreto essere “capitale della cultura”?

L’input che arriva dal Ministero, e che personalmente condivido, è quello di fare della cultura non un accessorio della vita di una comunità, ma il paradigma con cui, per esempio, si pensano le città e il loro sviluppo. Ciò che immaginiamo avrà dunque a che fare sicuramente con la valorizzazione delle proposte culturali già esistenti e con la proposta di iniziative nuove e innovative, ma allo stesso tempo porterà a poter incidere anche su alcuni punti strutturali della città: la riqualificazione di aree periferiche o trascurate attraverso un miniprogramma di investimenti, il miglioramento della viabilità e tutte quelle misure che possano portare Merano ad essere più accogliente non solo con gli ospiti, ma soprattutto con i propri concittadini. Un territorio lo si può presidiare, oltre e prima che con le forze dell’ordine, con i cittadini che animano strade, piazze, edifici, quartieri perché impegnati, come promotori e/o spettatori, in eventi culturali e in attività di comunità.

Quali sono i possibili ostacoli al successo della candidatura?

Due fondamentalmente, uno esterno e uno interno. Innanzitutto la scommessa cui si accennava prima e che vogliamo giocare davanti al Ministero: speriamo possa essere vista come un punto di forza finale dell’intero progetto capitale italiana della cultura. Quindi il tentativo di procedere con forze interne all’amministrazione e a costi zero: comporterà molto impegno e lavoro in un tempo relativamente breve e metterà a dura prova energie e risorse. Ma, allo stesso tempo, saprà coinvolgere un ricco complesso di voci tra enti e personalità culturali della città e del territorio.

Quali i prossimi passi da compiere e quando la decisione?

Il passo più imminente è la presentazione, entro il 15 settembre prossimo, di un dossier cartaceo. Esso dovrà contenere: una fotografia della nostra città che consenta alla giuria di comprendere con quali intenzioni Merano si candidi, la presentazione del programma di progetti e di investimenti che si vorranno realizzare; un piano di finanziamento ragionato; la stima dei risultati attesi. Nei successivi mesi di ottobre e novembre verranno selezionate le prime dieci città. Ad esse soltanto sarà riservato un colloquio dinanzi alla commissione. Nei primi giorni del 2018 il verdetto finale che sancirà la città italiana della cultura 2020.

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