Cent’anni fa quella lettera “Ai capi delle potenze belligeranti”

La nota del primo agosto 1917 segna l’inizio dell’evoluzione del pensiero e delle posizioni della Chiesa di fronte alla guerra

Il 1917 fu forse l’anno più tragico, logorante e distruttivo della I guerra mondiale. Fu anche l’inizio del percorso assai tormentato che accompagnò, nel corso del Novecento, l’evoluzione del pensiero e delle posizioni della Chiesa di fronte alla guerra, dove l’invocazione della pace – sempre più pressante, man mano che aumentava il potere distruttivo degli apparati bellici – si accompagnava alla tradizionale concezione della liceità morale della guerra (almeno difensiva). Un percorso che si sarebbe confrontato con il richiamo evangelico al rifiuto della violenza e le necessità di governo delle società, fino alla condanna della giustificazione di ogni conflitto e violenza in nome di Dio, fino alle elaborazioni di documenti, pronunciamenti e perorazioni radicali – “Pacem in terris”, “Nulla è perduto con la pace”, “Mai più la guerra”… – che hanno mutato l’orientamento delle coscienze e il lessico delle diplomazie di tutto il mondo.

In quel tragico 1917, a fronte delle posizioni “patriottiche” della maggioranza della Chiesa italiana, Papa Benedetto XV dimostrò la propria preoccupazione e manifestò il proprio dolore per gli appelli inascoltati di fronte al sempre più acuto desiderio di pace dei popoli. A sostegno della pace perorò l’affidamento al Sacro Cuore di Gesù. Un culto che in quegli anni aveva avuto grande diffusione in tutta Europa, incarnando pietas personale, familiare e di popolo, simboleggiando una “regalità sociale” di Cristo, col Papa suo interprete e naturalmente arbitro nelle questioni internazionali. Segni di omaggio al Sacro Cuore si erano già moltiplicati: dal cardinale arcivescovo di Parigi Léon-Adolphe Amette che gli aveva consacrato la Francia, e a guerra finita benedirà nel suo nome il tempio votivo di Montmartre; a Francesco Giuseppe che vi si era consacrato con la propria dinastia nel dicembre 1914 (oltre al diffuso culto popolare nei territori tirolesi); a padre Gemelli e Armida Barelli in Italia, fondatori, dopo la guerra, dell’Università cattolica del Sacro Cuore. A marzo 1917, a Paray-le-Monial, luogo originario del culto (1673), si svolse un pellegrinaggio militare delle nazioni dell’Intesa, con benedizione delle bandiere alleate. La Gioventù cattolica italiana consacrò se stessa e i propri circoli.

L’ansia diplomatica portò Benedetto XV a stendere la nota del I agosto “Ai capi delle potenze belligeranti” (diffusa il 15 solo per l’indiscrezione di una cancelleria), che resterà il documento più noto per la lapidaria definizione del conflitto come “inutile strage”. Forte di una speranza nel proprio potere morale, il Papa ribadì l’assoluta imparzialità della Santa Sede e, interpretando le “aspirazioni dei popoli”, avanzò proposte che andavano dalla simultanea riduzione degli armamenti alla “libertà e comunanza dei mari”, all’intero e reciproco condono dei danni di guerra, alla restituzione dei territori occupati. La nota pontificia, con quel giudizio di inutilità, scatenò infinite polemiche e accuse presso i governi nazionali … molto meno presso i popoli coinvolti nel conflitto.

Cento anni dopo, in tempo di “terza guerra mondiale combattuta a capitoli”, quel pronunciamento rappresenta il primo capitolo di un libro del quale ancora deve essere scritto l’epilogo… nella speranza che questo abbia il nome di pace.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina