“Né soli, né comodi!”

La necessità della concretezza e del discernimento, tra gli spunti di p. Giacomo Costa di fronte alle sfide della società.

Villa S. Ignazio si prepara a salutare i gesuiti. Il vescovo Lauro: “Finalmente i laici hanno una buona occasione per fare un decisivo passo avanti”

Nella festa di Sant’Ignazio di Loyola celebrata lunedì 31 luglio si è voluto ricordare la fase di passaggio che sta attraversando la Compagnia di Gesù (il 1° luglio è nata la nuova Provincia Euro Mediterranea, di cui fanno parte Italia, Albania e Malta), ma pure la Chiesa e la società italiana e l’Europa nel suo complesso. Una sorta di “ristrutturazione” interna che si riverbera nel lavoro sociale e nella cura spirituale. È toccato al direttore della rivista “Aggiornamenti sociali” padre Giacomo Costa, fare il punto della situazione a partire proprio dal messaggio originario di Ignazio. “La via dell’interiorità” indicata da Ignazio, rimane la strada maestra per i suoi seguaci nel vivere e nell’operare per e con gli uomini di buona volontà ovunque presenti. Un operare di grande intensità e di fervente vicinanza con le persone concrete in carne ed ossa, a partire dai più svantaggiati dalla vita. Proprio ora che i padri gesuiti lasciano Trento, il proposito fattivo è quello di “non abbandonare gli obiettivi apostolici”.

Come ha osservato il vescovo Lauro “finalmente i laici hanno una buona occasione per fare un decisivo passo avanti”. Nell’assunzione di responsabilità non più procrastinabili e questo avviene nel momento certo faticoso del distacco da parte di padri come Livio Passalacqua, 92 anni, di cui ben 55 vissuti a Trento, non poco. Ma proprio perché padre Livio ha ben seminato in tutti questi lunghi anni, distribuendo mansioni e responsabilità in una crescita feconda e non priva di ostacoli e asperità – i passaggi non sono mai senza fatiche -, l’opera di Villa Sant’Ignazio nelle sue molteplici e variegate articolazioni può continuare il proprio cammino nel servizio e nell’umiltà (e Giuseppina con i suoi 42 anni di presenza in Villa è l’esempio vivente dell’importanza dei laici, del fatto che per Villa S. Ignazio sono sempre stati molto importanti e per ciò valorizzati in pieno). Sempre nel segno dell’attenzione ai segni tempi che viviamo, non guardando mai al proprio ombelico in una sorta di infausto auto compiacimento, ma dilatando lo sguardo alla gente semplice e ai suoi bisogni materiali e – forse ancor più – a quelli spirituali perché, è vero che sta aumentando la povertà materiale, ma la povertà spirituale che oggi crea mancanza di gioia di vivere e quindi disperazione, apatia, afasia e atonia preoccupanti. Essere concreti – è stato ripetuto – a partire dalla realtà, a cominciare dal contributo che ciascuno può portare. Padre Costa ha rimarcato la necessità del discernimento, anzi dei vari e diversi discernimenti che occorre mettere in campo, se è vero che oggi tutto diventa terribilmente complesso il discernimento è necessario perché tutto non diventi complicato e per questo inestricabile. Il grande, umile, padre Pedro Arrupe, il “generale” di un’epoca topica del cambiamento, il post-concilio tra i Sessanta e i Settanta, diceva che “il discernimento è la riflessione in un clima di preghiera”.

Si è insistito sull’importanza di avere uno stile di vita confacente, di assumere un habitus, un’abitudine per interpretare al meglio le parole nuove di vita del vangelo – il vino nuovo in otri nuovi – e farne l’orizzonte di tutta una vita. Guai se certe parole diventano abitudinarie: l’attenzione agli “scarti” della società, la misericordia, la contemplazione, un vivere gioioso, lo stile sinodale di una rinnovata pastorale. Se diventano di routine, scadono, diventano insipide, queste parole che sono pure un programma e un itinerario di vita, diventano insignificanti alle donne e agli uomini di oggi. “Né soli, né comodi!”: più che uno slogan è la presa d’atto del bisogno di comunità, nella chiesa e nella società, per i gesuiti e non solo. Non comodi perché sempre in ricerca, mai arrivati. Una comunità in cui non si occupa il centro (“Non voglio una chiesa preoccupata di essere il centro” osserva a più riprese Papa Francesco) ma si cercano di fare proprie, nel cammino quotidiano, una gioia – ha ribadito don Lauro – che non è gaia spensieratezza ma una sana inquietudine, un permanente stato di esodo ed essendo consapevoli come scriveva Ireneo che la Gloria di Dio è l’uomo che vive. Non altro.

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