L’ ardita strada scavata nella roccia da Vezzano a Ranzo

Un tratto di strada messo in sicurezza poco prima di arrivare nel paese di Ranzo. Foto © Gianni Zotta
Fino al 1957, volendo da Ranzo recarsi a Riva del Garda piuttosto che nella città capoluogo, non esisteva altra scelta che incamminarsi lungo l’irta e selvaggia val Daone discendendo fino a Castel Toblino e da lì servirsi di un veicolo a motore. Allo stesso modo, in senso opposto, per raggiungere dal fondovalle il ridente abitato sorto tra i monti Gazza e Daino Piccolo sul finire del Quattrocento, quando secondo la tradizione una famiglia di Molveno ottenne dal principe vescovo il permesso di erigervi un maso poco prima dell’arrivo di pastori dal Tesino.

La Famiglia Cooperativa di Ranzo, tra le più vetuste in Trentino essendo stata costituita nel 1894 su iniziativa dell’allora ventiquattrenne curato don Alfonso Amistadi, rappresentò per decenni l’unico servizio pubblico di quel piccolo villaggio di montagna, soddisfacendo un po’ tutti i bisogni, del resto assai parchi, di gente avvezza a reggere il peso imposto dalla mancanza di un’alternativa di collegamento ad un percorso sterrato di tre chilometri coprente ben 500 metri di dislivello.

L’approvvigionamento si rivelò problematico per il punto vendita almeno fino al 1948, anno in cui ebbe inizio la costruzione della strada provinciale 18, scavata nella roccia e a tratti strapiombante, tra Ranzo e il paese di Lon, otto chilometri più a valle.

Un passaggio suggestivo della strada per Ranzo e Margone. Foto © Gianni Zotta

Da allora, le merci prelevate dai grossisti – curiosamente il pane era richiesto solo in minuscole quantità poiché usualmente somministrato ai malati e ai moribondi – smisero di essere trasportate a dorso di mulo, o talvolta con l’ausilio di slittoni, lungo la mulattiera che si inerpica dalla conca colonizzata in epoca romana dai “Tublinates”. Così la descrive il poeta Joseph Viktor: “Un’antica strada romana si arrampica tra le pietre e i macigni sparsi fino allo squallido e desolato villaggio di Laranzo (Ranzo) in cui i tetti di paglia fumante e i campi costellati di pietre cancellano dalla mente qualsiasi idea che laggiù nella valle cominci l’Italia”.

Non se la cavava meglio Margone, paese poco più a monte di Ranzo, al cui ingresso domina una graziosa cappella dedicata a Sant’Antonio di Padova. Il paese era raggiungibile solo attraverso l’impervio sentiero Scal, oggi itinerario escursionistico meglio conosciuto come “Sette Passi”, affrontato almeno fino al 1949 per raggiungere le abitazioni.

L’agognata diramazione 18 vedrà la luce in funzione del cantiere per la perforazione della galleria di spillamento del lago di Molveno a servizio di quella che a S. Massenza sarebbe rimasta impressa negli annali della storia dell’energia come la più grande centrale idroelettrica in caverna d’Europa.

All’imbocco della cosiddetta “finestra Gaggi” due operai al lavoro, il beneventano Cosimo Fucci residente a Grumes e il ventenne Luciano Zuccati di Ciago, vennero travolti fatalmente da un’imponente slavina abbattutasi sul cantiere. E non fu che una di molteplici sciagure perché, purtroppo, quella strada diverrà teatro di tragici incidenti a causa del distacco di massi pericolanti che puntualmente, estate o inverno, invadono la carreggiata arrecando non pochi disagi a quanti costretti al volante, peraltro il più delle volte col fiato sospeso specie in condizioni di manto sdrucciolevole.

Nel 2016, un delicato intervento di messa in sicurezza disposto dal Servizio gestione strade e consistito in disgaggi rocciosi e opere passive quali reti metalliche e barriere paramassi, è riuscito a mitigare il rischio franoso lungo i versanti instabili.

Più sicurezza, come deve essere: eppure quella strada sembra tenere sotto scacco ancora oggi una comunità tenace e laboriosa che dall’alto di Ranzo domina con fierezza il Basso Sarca.

L’ ardita strada scavata nella roccia da Vezzano a Ranzo

 

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina