La Forra di Ponte Alto riapre dopo 23 anni

Visitatori nella Forra di Ponte Alto. Foto © Gianni Zotta
Ai viaggiatori ottocenteschi incuteva un misto di fascino e di paura, di grandezza e di mistero. Decine di cartoline di quell’epoca raccontano, attraverso le immagini, il fascino romantico dell’orrido e la forte attrazione che esercitava sui primi turisti che scoprivano il Trentino. Da qui il nome “Orrido”, con il quale la Forra di Ponte Alto è conosciuta, ancora oggi, dai trentini.È una gola millenaria profonda quasi cento metri, situata alle porte di Trento e all’imbocco della Valsugana, fra Povo e Cognola, scavata dal torrente Fersina, che circa settemila anni si è fatta strada erodendo strati di rocce depositate nel corso di oltre cento milioni di anni.

Dopo 24 anni di chiusura per motivi di sicurezza (era il 1993), ora la Forra di Ponte Alto riapre al pubblico con un percorso rinnovato di visita che, tra camminamenti, scalette e punti panoramici, permette al visitatore di calarsi nel canyon: un tuffo nel cuore della natura ripercorrendo millenni di storia geologica, per trovarsi infine di fronte alla bellezza e all’imponenza di due cascate, testimonianza della mano umana intervenuta per contenere le acque del torrente.

 

L’intervento di sistemazione e messa in sicurezza, condotto dal Servizio bacini montani della Provincia di Trento per una spesa di 500 mila euro, ha consentito il completo rifacimento degli accessi con un nuovo camminamento e la realizzazione di due nuovi terrazze e di una scala a chiocciola scavata nella roccia che permette di ammirare da vicino le cascate.

“Il nuovo percorso riprende in gran parte il percorso originale creato nell’Ottocento – spiega Lara Casagrande, direttrice dell’Ecomuseo Argentario, a cui è affidata la gestione del percorso, – ma, oltre alla messa in sicurezza, offre al visitatore possibilità di osservare più da vicino le cascate e il canyon, immergendosi nell’ambiente dell’orrido. È stato infatti realizzato un belvedere e due balconi in corrispondenza delle due cascate”.

Foto © Gianni Zotta

La Forra è un monumento naturale che documenta millenni di storia geologica. “Scendendo lungo il percorso – prosegue Casagrande – è ben visibile lo spaccato delle rocce, in gran parte scaglia rossa, che si sono depositate in oltre cento milioni di anni e che la forra ha scavato dall’ultima glaciazione. L’ambiente molto umido ha portato alla formazione di alcune piante, come le felci, che non hanno bisogno di luce”.

L’orrido è testimonianza anche di un pezzo di storia di ingegneria idraulica: nel 1537, per volere del principe vescovo Bernardo Clesio, sono state costruite due opere idrauliche, tra le più antiche del mondo, per contenere l’impeto del torrente e scongiurare esondazioni in città. Sono state poi consolidate nel corso del XIX secolo. “Le serre consistono in uno sbarramento per l’intercettazione del materiale solido trasportato dal Fersina e dà luogo a due spettacolari cascate per cui l’orrido è diventato famoso”.

Durante l’inaugurazione, lunedì scorso, l’assessore comunale alla cultura Andrea Robol, ha ricordato come questo sia “uno dei luoghi simbolo di Trento, emblema di una città ricca di attrattive, storiche e naturali”. L’assessore provinciale alle infrastrutture e all’ambiente Mauro Gilmozzi, invece, ha insistito sull’importanza di un corretto rapporto tra uomo e ambiente: “Trento e l’intero Trentino si riappropriano di un luogo importante, dove la bellezza delle forme, create nei millenni dalle acque del torrente Fersina, incontra l’ingegno dell’uomo che qui, fin dal 1500, ha creato i primi esempi di opere idrauliche in Italia e in Europa”.

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