Primo? “Andare all’essenziale”

A Medellin il Papa ha indicato il percorso dei cristiani a partire dalla riflessione latinoamericana]

Il popolo colombiano è “un popolo gioioso, tra tante sofferenze ma gioioso, un popolo che ha speranza”. Ripercorrendo il suo viaggio all'udienza di mercoledì 13 settembre il Papa ha aggiunto a braccio che “una delle cose che mi ha colpito in tutte le città è la folla e, dentro la folla, i papà e le mamme con i bambini, che alzavano i bambini perché il Papa li benedicesse. Ma anche con orgoglio facevano vedere i loro bambini, come dicendo: ‘Questo è il nostro orgoglio, questa è la nostra speranza’”.

Tra i tanti discorsi (i testi integrali nel sito www.vatican.va) riprendiamo un passaggio significativo per ogni tappa.

Villavicencio: Basta una persona buona…

“Questo popolo della Colombia è popolo di Dio; anche qui possiamo fare genealogie [come quella di Gesù letta nel Vangelo della celebrazione] piene di storie, molte piene di amore e di luce; altre di scontri, di offese, anche di morte! […] Come faremo per lasciare che entri la luce? Come Maria, dire “sì” alla storia completa, non a una parte; come Giuseppe, mettere da parte passioni e orgoglio; come Gesù Cristo, farci carico, assumere, abbracciare questa storia, perché qui ci siete voi, tutti i colombiani, qui c’è quello che siamo… e quello che Dio può fare con noi se diciamo “sì” alla verità, alla bontà, alla riconciliazione. E questo è possibile solo se riempiamo della luce del Vangelo le nostre storie di peccato, violenza e scontro […

. Riconciliarsi è aprire una porta a tutte e ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto. Quando le vittime vincono la comprensibile tentazione della vendetta diventano i protagonisti più credibili dei processi di costruzione della pace. Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. Basta una persona buona perché ci sia speranza! Non dimenticatelo! E ognuno di noi può essere questa persona! Ciò non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti. Non è legittimare le ingiustizie personali o strutturali.”.

Bogotà: Tutti siamo vulnerabili

Dio! Dio è l’unico non vulnerabile, tutti gli altri siamo vulnerabili, in alcuni si vede, in altri non si vede. Però è propria dell’uomo questa necessità di essere sostenuto da Dio, di tutti. Per questo non si deve, non si può scartare nessuno, è chiaro? Perché ognuno di noi è un tesoro, che si offre a Dio perché Dio lo faccia crescere secondo la sua maniera. Grazie per la testimonianza che date. Grazie per la tua parola. Recitiamo insieme un’Ave Maria e poi darò la benedizione. “Ave María…” E per favore non vi dimenticate di pregare per me perché sono molto vulnerabile.

Medellin: Il discepolato è in movimento

Il primo atteggiamento da plasmare nella nostra vita di discepoli è quello di andare all’essenziale. Non vuol dire “rompere con tutto”, rompere con ciò che non si adatta a noi, perché nemmeno Gesù è venuto “ad abolire la Legge, ma a portarla al suo compimento” (cfr Mt 5,17). Andare all’essenziale è piuttosto andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita. Gesù insegna che la relazione con Dio non può essere un freddo attaccamento a norme e leggi, né tantomeno un compiere certi atti esteriori che non portano a un cambiamento reale di vita. Nemmeno il nostro discepolato può essere motivato semplicemente da una consuetudine, perché abbiamo un certificato di battesimo, ma deve partire da un’esperienza viva di Dio e del suo amore. Il discepolato non è qualcosa di statico, ma un continuo cammino verso Cristo; non è semplicemente attaccarsi alla spiegazione di una dottrina, ma l’esperienza della presenza amichevole, viva e operante del Signore, un apprendistato permanente per mezzo dell’ascolto della sua Parola.

Cartagena: La sfida di perdonare

Noi possiamo dare un grande contributo a questo nuovo passo che la Colombia vuole fare. Gesù ci indica che questo cammino di reinserimento nella comunità comincia con un dialogo a due. Nulla potrà sostituire questo incontro riparatore; nessun processo collettivo ci dispensa della sfida di incontrarci, di spiegarci, di perdonare. Le ferite profonde della storia esigono necessariamente istanze dove si faccia giustizia, dove sia possibile alle vittime conoscere la verità, il danno sia debitamente riparato e si agisca con chiarezza per evitare che si ripetano tali crimini. Ma tutto ciò ci lascia ancora sulla soglia delle esigenze cristiane. A noi cristiani è richiesto di generare “a partire dal basso” un cambiamento culturale: alla cultura della morte, della violenza, rispondere con la cultura della vita e dell’incontro.

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