“Clima, indispensabile un’azione politica forte”

Il ghiacciaio della Marmolada con la mostra visibile fino al 17 settembre
Ondate di caldo intervallate a pulsioni fredde, siccità, piogge intense, frane, temporali violenti accompagnati da grandine, elevato numero di fulmini sono ormai una “normalità”. Gli inverni poco nevosi, le primavere sempre più precoci, gli autunni che a volte sembrano prolungamenti dei giorni estivi, sono segnali inequivocabili che il pianeta si sta riscaldando.

Il fatto più eclatante è la sofferenza che osserviamo nei piccoli e grandi ghiacciai delle Alpi. L’estate delle alte cime è segnata da cascate d’acqua che scendono copiose dalla montagna mentre la neve smette di coprire crepacci e seracchi. Gli alpinisti disorientati risalgono morene interminabili, si muovono su un terreno che ormai non riconoscono più.

Oggi sono molte le prove raccolte dagli scienziati che attribuiscono alle attività umane la causa prevalente della situazione climatica attuale. Di qui il richiamo ad attrezzarci di conseguenza per far fronte alle modificazioni in atto. “O riduciamo il riscaldamento globale oppure alziamo le Alpi”, afferma con una frase d’effetto il meteorologo Luca Lombroso. “Per varie ragioni, geografiche, orografiche e meteorologiche – spiega Lombroso – le Alpi sono più esposte al cambiamento climatico. Vari studi indicano che il riscaldamento è tre – quattro volte maggiore che a livello globale. Di conseguenza gli impatti sugli eventi estremi, sull’andamento delle precipitazioni, incluso le nevicate, sulla permanenza della neve al suolo e naturalmente le conseguenze socio economiche e sulla natura e biodiversità sono più accentuate che in molte altre zone del pianeta”.

Secondo Lombroso è necessario andare oltre le buone pratiche individuali. “È indispensabile un’azione politica forte, una politica che segni la via di uscita dai combustibili fossili”, continua il meteorologo. “Oltre a sviluppare strumenti per adattarsi, autoripararsi e proteggersi davanti ai fenomeni estremi, è stringente la necessità di fissare nel tempo scadenze ineludibili. Ad esempio quando gli edifici dovranno essere a emissioni quasi zero, quando terminerà di circolare l’ultima auto a motore a scoppio, quando l’agricoltura sarà tutta biologica e meno esigente di acqua. Poi penso a un turismo più dolce e meno impattante”.

La SAT, Società degli alpinisti tridentini, in questo ambito ha segnato il cammino. “Dieci anni fa – spiega Claudio Bassetti, presidente del sodalizio – abbiamo dedicato un convegno provinciale sul tema del cambiamento climatico. In quell’occasione, era l’ottobre 2007, rappresentanze del CAI e dell’Alpenverein erano convenute con noi a Moena, per discutere di problematiche emergenti sul tema climatico”.

Al termine dell’appuntamento era stato prodotto un documento in cui venivano indicate, in dieci precise aree, linee di comportamento per contrastare l’aumento della temperatura media del nostro pianeta. “Le tesi di Moena hanno avuto risonanza non solo nel mondo alpinistico, ma anche da parte di numerosi enti provinciali e nazionali”, ricorda Bassetti. “A dieci anni di distanza la SAT centrale e la sezione di Moena intendono aggiornare le tesi tramite un convegno a cui parteciperà una nutrita rappresentanza di esperti”.

Sono dieci i temi che saranno toccati sabato 23 settembre: l’acqua (Roberto Colombo), agricoltura di montagna (Maurizio Odasso), ecosistemi (Alessio Bertolli), educazione (Vittorio Ducoli), energia, risparmio energetico e gestione dei rifiuti (Cristian Ferrari), ghiacciai (Thomas Zanoner), pianificazione territoriale e trasporti (Bruno Zanon) e turismo alpino (Mariangela Franch).

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