Il pioniere delle missioni, 90 anni fa

Mons. Giacomo Dompieri istituì il primo coordinamento diocesano, anticipando con alcune scelte la visione del Concilio

“Ero giovane: avevo 29 anni. Allora ho preso il coraggio a due mani e la mattina dopo con la valigia ero già alla stazione”. Così mons. Giacomo Dompieri, pioniere dell’animazione missionaria in diocesi, rievocò 40 anni dopo quel settembre 1927 (novant’anni esatti, saranno ricordati sabato 30, vedi riquadro), quando l’allora arcivescovo Celestino Endrici affidò proprio a lui – da poco vicerettore del Seminario – l’incarico di istituire un Ufficio missionario. Il pastore della Diocesi non aveva scelto a caso perchè Dompieri ancora da giovane chierico aveva manifestato il desiderio di partire in missione, ma gli era stato poi chiesto di fermarsi per dedicarsi alla cura d’anime nei paesi trentini (Taio, Ala, Denno, a Mattarello, Baselga del Bondone, Mechel, Roverè della Luna, Mezzolombardo) ancora prostrati dalla prima guerra mondiale.

Dompieri in quell'autunno girò l'Italia per raccogliere idee ed suggerimenti in altre diocesi (Verona, Vicenza, Bergamo e Milano) e tornò con la valigia riempita di materiale e “la testa piena di idee”. Su sollecitazione della Congregazione “Propaganda Fidae” ottenne dal Vescovo la nomina di delegato per le Opere Missionarie e istituì quello che allora di chiamava Segretariato Missionario Diocesano, con un ruolo di promozione e di coordinamento.

All'epoca non era facile parlare di missionarietà: a parte la scelta degli istituti religiosi, l'orizzonte pastrale era ancora ristretto, anche per le urgenze del dopoguerra e le restrizioni fasciste.

Dompieri sceglie di percorrere la strada della formazione dei parroci valorizzando l’Unione Missionaria del Clero (passò da 393 a 909 iscritti) che Endrici aveva fondato nel 1922 per rispondere alle richieste di Papa Benedetto XV, indicando due anni dopo anche l’urgenza di istituire le Commissioni missionarie parrocchiali per animare la preghiera e l’impegno per le missioni. Nel 1927 si celebra in tutto il mondo la prima Giornata Missionaria che coincide dunque con l’avvio del Segretariato affidato al giovane Dompieri, a sostegno anche delle tre Opere Missionarie Pontificie.

Il responsabile trentino girò in lungo e in largo il territorio per “seminare” le linee d'azione nel campo della missione, ancora sorprendentemente attuali: accanto al dovere della cooperazione (da sostenere anche con le offerte, allora dette “elemosine”) sottolineava infatti il valore della preghiera e l'impegno per le vocazioni. All'Ufficio diocesano spettava la regia, per evitare dispersione di forze, tanto che l'Arcivescovo affermava che “”nessuna iniziativa di carattere missionario sia organizzata in diocesi senza averne preventivamente reso edotto lo stesso Ufficio”.

Dopo i sacerdoti, i laici. Con gli anni mons. Dompieri supportò la costituzione delle Commissioni Missionarie Parrocchiali (ben 400 nel 1937) nelle quali un ruolo importante era ricoperto dalle volontarie, le zelatrici (2500 nel 1937), impegnate anche nella diffusione in 16 mila copie della rivista “Crociata missionaria” delle POM.

Per documentare la dedizione del vulcanico direttore si può notare che egli s'inventò anche pubblicazioni specifiche: un opuscoletto per le insegnanti, uno rivolto alle mamme, uno per la preghiera degli ammalati per le missioni. Già allora si orientavano i laici animatori a non concentrarsi tanto e solo sulla raccolta di denaro ma a saper dare una forte spiritualità all'azione missionaria. Di qui i convegni di decanato, le Giornate della Santa Infanziata.

L'animazione che mons. Dompieri proseguì fino agli anni di svolta del Concilio ha visto la Diocesi di Trento inviare nelle missioni 16 vescovi, circa 600 sacerdoti missionaria, 165 fratelli coadiutori e 850 suore missionarie!

Una curiosità significativa: don Giacomo non è mai potuto partire per la missione, neanche per andare a trovare i missionari perché la sua salute non glielo permetteva. Eppure, come testimoniano tante lettere, egli seppe tenere contatti molto stretti con i trentini sparsi nel mondo e quando poi un missionario ritornava in Italia (allora solitamente era per ragioni di salute) non mancava mai di ascoltarlo, sostenerlo sia spiritualmente che economicamente: nessuno è mai tornato a mani vuote.   Nell’autunno del 1969 si è ammalato e dopo poche settimane di degenza in ospedale è morto, era il 23 dicembre 1969: “Un prete semplice, non molto alto ma grande nel cuore – lo ricordano gli amici del Centro Missionario – che ha sempre vissuto con intensità il suo essere prete e la sua vocazione missionaria.

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