“La chiave di tutto è nell’educazione”

La scuola da lui avviata per i bambini Rom è oggi un’esperienza pilota per tutta l’Albania

Chiude il Mese missionario una testimonianza eccezionale, quella di fratel Luciano Levri, religioso marianista, originario di Fiavè, che opera in un piccolo aggregato albanese tra i Rom. Una ventina di persone, non di più (e il vescovo Lauro non ha voluto mancare per ascoltare e conoscere), si sono trovate mercoledì 25 ottobre nell’aula magna del seminario per un evento davvero notevole, la testimonianza missionaria di fratel Luciano – che il giorno prima era stato a Ponte Arche e il 26 ottobre al centro di aggregazione giovanile Arco Cantiere 26 – tra i più dimenticati in un contesto sociale già di per sé non facile.

E’ stato un “far emergere la cosa bella che c’è nella missione”. Al centro di tutto “la persona umana che cerca una relazione”. Un missionario che lavora solo con musulmani, un bellissimo filmato di Alberto e Lia Beltrami ne testimonia la densità umana e cristiana, non “predica” una fede vissuta, testimoniata con la vita di tutti i giorni. In mezzo alle famiglie che vivono in grande povertà, tra i bambini – bellissimi e gioiosi nei loro giochi – che avvia alla scuola perché è nell’educazione la chiave di tutto.

“Arrivare al volto delle persone”, questo è il motto di fratel Luciano. Dopo 27 anni di presenza pastorale in Calabria, terra difficilissima, nel 2000 la missione in Albania. Una tipografia, un centro giovanile e “lentamente, lentamente” quest’uomo dall’aspetto affabile, deciso, determinato si inserisce nella comunità Rom. Sì, è proprio convinto, che “la scuola cambia la vita”. E’ convinto che la carità se non è abbinata alla giustizia è monca. “Abbiamo tanto insistito sull’assistenza e così poco sulla giustizia!”. E per lui è il donarsi un’azione rivoluzionaria, eversiva, perché rompe gli assetti consolidati del dare e avere. Dare è uno scambio. “Donare invece qualcosa di cui non voglio essere ricambiato!”.

La missione significa anche “saper ricevere”. E si riceve tanto, si impara ogni giorno dai poveri. Da questa gente “emarginata, calpestata”. Chiedono di non essere lasciati soli, di essere accompagnati. “Mi reco ogni giorno nel quartiere, mi si apre il cuore a vedere i bambini che vanno a scuola!”. Dopo non poche difficoltà, lentamente, Luciano è riuscito a mandare tutti i bambini a scuola. “Oggi 15 bambini frequentano l’asilo, 60 la scuola materna, 190 vanno alle elementari; 5 ragazze frequentano l’università (inimmaginabile fino a poco tempo fa!). Prima erano per le strade a chiedere l’elemosina, ora non se ne vede più neppure uno! E’ stato fatto una sorta di contratto morale con le famiglie: noi assicuriamo la scuola per i vostri bambini, voi vi impegnate a mandarli tutti i giorni a scuola; non li mandate più per strada a chiedere l’elemosina e vi impegnate a venire alle riunioni formative. Vedere la soddisfazione di nonni e genitori! “Sono contenti che siano come gli altri, sono fieri di loro quando tornano con i loro quaderni, i loro libri”.

Nel 2004 non volevano i bambini Rom in classe, non volevano essere la scuola dei Rom. “Oggi abbiamo 25 bambine e bambini Rom iscritti e frequentanti la prima classe”. “E –credete – dice Luciano -, non è facile tenerli lì perché questa gente quando arriva l’aria di primavera gli ribolle il sangue, sente l’esigenza del viaggio, di partire, sono nomadi”.

Oggi quella scuola è un’esperienza pilota per tutta l’Albania. Il missionario nella sua quotidianità con questa gente musulmana non pronuncia parole cristiane. Le vive. Ne vive l’insegnamento. “L’evangelizzazione è fatta dalla carità”. Come diceva don Tonino Bello, l’importante è lavare i piedi. Dare un futuro a questi ragazzi. Volere loro bene. Insieme ai loro genitori, non lasciarli soli, accompagnarli. In quanto all’essere cristiani – si legge nel vangelo -, dai frutti vi riconosceranno.

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