La Cina di Xi Jinping

Continua l’espansione in tutto il mondo nell’ambito di un progetto neo-coloniale di ampio respiro

Quale Cina si presenta nello scenario mondiale dopo il XIX congresso del partito comunista che si è svolto nei giorni scorsi a Pechino? Un monolite nell’aspetto politico. Un partito apparentemente in piena salute, domato, appagato, senza dissidenza interna. L’economia arrembante che si espande ovunque nel pianeta e però bassi salari all’interno con uno sfruttamento vertiginoso della forza-lavoro capace di garantire – obtorto collo – una crescita economica sia pure in leggero ribasso ma comunque sempre a due cifre, inimmaginabile in qualsia altro paese tra quelli che dominano i continenti. E’ una Cina pronta a sbaragliare qualsiasi concorrenza e – nei prossimi anni – a surclassare gli Stati Uniti d’America dal versante economico, dal crinale militare e sul piano politico. Il dato – non tanto eclatante, ma sintomatico – è la totale assenza, nel Politburo del partito, di un possibile successore di Xi Jinping che dunque si appresta a tenere ben salde le redini della tigre per eccellenza d’Asia almeno fino al 2022.

Questo signore, bonario nell’aspetto, sornione e gattopardesco nelle mosse politiche, è riuscito a creare il vuoto attorno a sé e si è di fatto candidato a diventare il terzo padre fondatore della “nuova Cina” dopo il declassato, ma pur sempre ricordato Mao Tze Tung e il pragmatico Teng Xiao Ping, l’uomo della normalizzazione dopo le sbornie ideologiche della “rivoluzione che non è un pranzo di gala”.

Attorniato da una schiera di sessantenni, il comitato permanente del Politburo presenta in realtà anonimi personaggi, se si eccettua Wang Huning, definito dal Guardian il Kissinger cinese, un po’ il teorico della nuova fase noto agli addetti ai lavori come assertore del cosiddetto “neo-autoritarismo” come via necessaria per giungere ad uno sbocco democratico. Quando, non è dato sapere.

Il dragone cinese è sul piano economico che mostra la sua piena prosperità. Con notevoli poteri di ricatto. La Cina è detentrice infatti di buona parte del debito sovrano americano – una cifra monstre di quasi 15 mila miliardi di dollari: è notorio, sono decenni che la tanto osannata american way of life poggia sul fatto che la società degli Usa vive ben al di sopra delle proprie possibilità, in costante debito!

La Cina continua ad espandersi in tutto il mondo nell’ambito di un progetto neo-coloniale di ampio respiro (meramente economico e finanziario). E’ sempre più padrona dell’Africa, delle sue terre più fertili e più ricche per l’estrazione di minerali preziosi e strategici per l’uso delle nuove tecnologie (litio, titanio, ecc.) e non sta tanto a fare sottigliezze, questo progetto espansivo di land grabbing, se si tratta di dittature o democrazie quelle con cui si va a trattare, essendo essa stessa, la Cina, una dittatura in piena regola, nonostante il volto benevolo e rassicurante di Xi Jinping.

Se non vi è pluralità politico-partitica, se le minoranze vengono vilipese e maltrattate (perseguite e richiuse in veri e propri lager), se non vi è libertà di espressione e di pensiero, come altro vogliamo chiamarla se non dittatura, nonostante l’ossequio internazionale?

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