A Villa San Nicolò è il tempo dell’attesa

Villa San Nicolò, 10 dicembre – “Ma noi ci siamo già incontrati!”. L’affermazione in un primo momento mi lascia interdetto. Ma poi Abu Turki va a prendere il Tasbeeh, il rosario musulmano: quando lo stringe nella mano e comincia a sgranarlo tra le dita ho come un’illuminazione. Ma certo, c’era anche lui in quel gruppo di anziani, seduti sotto un albero rinsecchito nel campo profughi di Tel Abbas, nel nord del Libano, e lo avevo fotografato mentre stringeva nella mano proprio quello stesso rosario, che oggi ci fa vicendevolmente riconoscere. Era il 27 febbraio 2016. All’indomani, il 28, da lì sarebbe partito alla volta dell’Italia un primo gruppo di 93 siriani in fuga dalla guerra. Abu Turki era venuto al campo per salutare i suoi familiari, individuati dai volontari dell’Operazione Colomba, il corpo di pace dell’associazione Papa Giovanni XXIII, tra le persone più vulnerabili e perciò destinate a far parte del primo corridoio umanitario voluto fortemente dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e dalla Tavola Valdese per offrire ai profughi un’alternativa ai viaggi della disperazione attraverso la via dei Balcani o il mar Mediterraneo. L’iniziativa dei corridoi umanitari, avviata d’intesa con il governo italiano, in un anno e mezzo ha permesso a un migliaio di siriani di raggiungere in modo legale e sicuro l’Italia ed è stata estesa recentemente a un gruppo di 500 profughi provenienti dall’Eritrea, dalla Somalia e dal Sud Sudan e riparati in Etiopia.

Ora anche Abu Turki è in Italia; una quarantina di giorni fa ha raggiunto insieme alla moglie Um Turki i familiari che dal 29 febbraio 2016 sono ospiti a Villa San Nicolò. Con lui ci sono i tre figli maschi, di 21, 15 e 13 anni. Hanno raggiunto a Trento la figlia Kadhija, moglie di Haj Satouf, figlio di Badheea, la matriarca della grande famiglia Satouf, le cui vicende dolorose – il montare delle proteste contro il regime a Homs (la sua città natale), la repressione, la morte del marito ancora giovane, gli arresti dei figli, la paura dei bombardamenti e poi la fuga in Libano, come quel milione e mezzo di siriani costretti oggi nei campi profughi – è raccontata da Mattia Civico in un libro edito da Il Margine.

Haj ci fa da interprete. La famiglia di Abu Turki, ci spiega, non è tutta qui. Due figlie sono ancora a Homs, in Siria, da dove le notizie che giungono restano molto preoccupanti, pure se il presidente russo Putin ha annunciato proprio in questi giorni la fine delle operazioni di guerra contro l’Isis e la graduale smobilitazione dell’esercito russo. Un’altra è riparata in Libano, in un campo profughi nella valle della Bekaa, verso il confine con la Siria, dove è fiorente la coltivazione illegale della cannabis e dove la Conferenza Episcopale Italiana con i fondi del'8×1000 ha finanziato un progetto per la realizzazione di una serie di laghetti artificiali necessari alla coltivazione di uva, tabacco, frutta e verdura. Un altro figlio è in Canada e Abu Turki ci mostra con orgoglio le sue foto insieme a quelle delle nipoti. E’ l’esempio della diaspora del popolo siriano, con le famiglie costrette a dividersi a causa della guerra scoppiata nel 2011.

E’ un tempo di attesa quello che vivono le famiglie siriane ospitate dall’Arcidiocesi di Trento qui a Villa San Nicolò. Ce lo confermano nonna Badheea e i suoi figli, che raggiungiamo sotto la neve a casa San Pietro, che li accoglie. Entro la fine dell’anno questo primo gruppo di siriani, finora accompagnato dalla presenza premurosa ma anche responsabilizzante degli operatori della Fondazione Comunità Solidale, dovrà rendersi autonomo. Ed è palese la preoccupazione dei figli e delle figlie di Badheea di fronte a questa nuova prospettiva. Uno dei fratelli, peraltro, già da qualche mese vive a Calceranica con moglie e figli. “Siamo consapevoli che il progetto di accoglienza di queste persone è a una svolta, ma siamo fiduciosi sul fatto che sapranno sicuramente cavarsela”, dice Marta Matassoni, già volontaria dell’Operazione Colomba in Libano e oggi operatrice della Fondazione Comunità Solidale. Alcuni figli di nonna Badheea saranno sistemati in appartamenti nella disponibilità della Diocesi, nella zona del Basso Sarca e sul lago di Caldonazzo, e avviati gradualmente all’autonomia. “Alcuni di loro – aggiunge Matassoni – hanno svolto in questi mesi lavori stagionali, sono sicuramente attrezzati per affrontare questo passaggio che li porterà a integrarsi maggiormente nella comunità trentina”. A rassicurare è anche la presenza dei tanti nipoti di nonna Badheea, che si sono ben inseriti tra i loro coetanei alla scuola materna di Ravina e nella scuola. Parlano e capiscono bene l’italiano e in qualche modo hanno fatto – e fanno – da ponte tra la comunità trentina e i loro familiari. C’è poi una rete piuttosto ampia di volontari – a cominciare da alcune coppie di Ravina che in tutti questi mesi si sono date da fare nell’aiutare le famiglie siriane nelle incombenze di tutti i giorni, come il fare la spesa, ai gruppi scout e ai gruppi parrocchiali che si sono alternati nell’animazione dei bambini, alle due suore che risiedono a Villa San Nicolò “con le quali si è creato un bellissimo rapporto nutrito anche di scambi culinari”, agli studenti delle scuole che sono venute fin quassù a conoscere di più della realtà siriana e dei richiedenti asilo… – che con il venir meno della presenza degli operatori della Fondazione Comunità Solidale garantiranno comunque la loro vicinanza agli amici siriani.

A Villa San Nicolò resterà nonna Badheea con i due figli più giovani e con le due figlie che ancora attendono il completamento dell’iter inspiegabilmente lungo e complesso del ricongiungimento familiare con i mariti che risiedono in Svezia.

Fuori continuano a cadere fiocchi di neve fredda e tagliente. Freddi e taglienti sono anche i pensieri di nonna Badheea quando riflette sul lavoro che manca per i figli, sull’assenza del compagno che la costringe ad affrontare tutto questo da sola, sull’incertezza che avvolge il futuro. Poi Nonna Badheea – “il collante di questa grande famiglia”, sorride Matassoni – alza lo sguardo e osserva compiaciuta le due nuore in dolce attesa. Tra pochi mesi, la famiglia Satouf crescerà ulteriormente. E il calore di questo pensiero basta a sciogliere i cristalli di ghiaccio della paura.

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