Padre nostro

A mettercela tutta diventa possibile l’impossibile

L’imprevisto questa volta è un litigio, proprio sulla piazza del mercato… Salgono grida e minacce

La città, adesso che il cielo è in festa, sembra più allegra. La gente si illumina camminando per le strade e cerca di godersi l’aria che tira in piazza.

In questo periodo, poi, i negozi invitano con prezzi di favore: i soldi sono sempre quelli, ma almeno si compera con fantasia. E i mercatini accontentano la nostra voglia di scoperta e di novità.

Da qualche parte sta arrivando della buona musica: i fumi dei camini su dalle case pare vogliano accompagnarla in alto. I visi delle persone non saranno tutti belli, ma sembrano prendere in santa pace la fatica del vivere. Ci si sente un poco tutti parenti e amici o, almeno, vicini. I corvi non hanno paura a volarci accanto.

Fin che non arriva l’imprevisto. Questa volta è un litigio, proprio sulla piazza del mercato, di fronte al grigio edificio, che è stato nel passato la mensa del popolo. Salgono grida e minacce, pugni chiusi, si infittisce la folla, un banco è caduto con tutta la mercanzia sul terreno, i venditori in agitazione, qualche bambino piange. Dietro la cancellata del cortile della scuola si inquietano i ragazzi in ricreazione. Si svuotano i bar dei clienti allarmati. Dal vicino palazzo giallo del Tribunale sono già arrivati i vigilanti, senza pistole e manette, ma non riescono a farsi largo. Un elicottero volteggia proprio come se fosse stato allertato.

Quand’ecco una voce incomincia a recitare sopra le teste e dentro ai cuori: “Padre nostro che sei nei cieli”. La gente sorpresa si guarda in giro. Pare che la voce venga da una figura bianca e raccolta, che si vede e non si vede – le apparizioni non sono più tanto di moda. Una voce così non ce l’hanno nemmeno gli angeli: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. I bambini hanno smesso di lamentarsi. Tace anche la musica. Si è allontanato l’elicottero. I vigilanti sono riusciti a farsi strada e cercano di mettere pace allargando le braccia. Le merci cadute tornano al loro posto. Sempre più lontane la figura bianca e la voce: “e non ci indurre in tentazione”.

Adesso dal mercato si leva un mormorio soffuso di voci e di movimenti, come quando il mare si riposa arrivando quieto sulla spiaggia. La gente pare si sia accorta che c’è il sole e che rimane pur sempre uno spazio di vita per ciascuno. Ci si torna a cercare, a pronunciare nomi consueti e a fare posto ai ricordi. “Ma liberaci dal male”.

A mettercela tutta si riesce a passare dall’ira al tormento, sin quasi alla pace. Diventa possibile l’impossibile. Chi tace, come chi domanda, chi scrive come colui che parla, può ritrovare il proprio posto accanto a chi desidera. E le ore degli uomini si intrecciano nella speranza del Padre, per chi ha la grazia di crederci. Le feste arrivano buone buone per farci tirare i conti.

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