I nostri Sessantotti

In un’affollata relazione per la Società Trentina di Scienze Storiche una lettura degli anni caldi in Trentino proposta da don Marcello Farina

Anche mezzo secolo dopo, un giudizio storico sul Sessantotto è impresa ardua. Per la complessità e l’estensione – nel tempo e nei contesti ambientali – di un fenomeno che non è legato ad un anno soltanto e forse deve essere ancora interpretato “al di là dei miti”, come auspicava già nel 1986 su Vita Trentina uno dei suoi protagonisti, Marco Boato.

E’ significativo che la stessa Società trentina di Scienze storiche, presieduta da Marcello Bonazza, abbia chiesto la prolusione d’apertura dell’attività annuale (e d’inizio anniversario)  ad un punto di vista personale sul Sessantoto, la “narrazione” di un’esperienza più che un’ interpretazione storica. Ben volentieri il relatore don Marcello Farina ha accolto di fare da testimone – davanti ad un pubblico numerosissimo, in parte “amico”, in parte incuriosito da una ricostruzione soggettiva – accettando a tal punto la sfida della complessità da identificare fin dal titolo ben tre Sessantotti che investirono “tra scuole, fabbriche e parrocchie” Trento, la città definita enfaticamente da alcuni leader del movimento studentesco “capitale d’Europa”.

Don Marcello allora era un giovane prete, catechista alle scuole “Crispi” e “Verdi” e cappellano in Duomo dell’indimenticabile parroco don Giovanni Bortolotti che si fermava a controbattere a lungo con gli studenti di Sociologia: “Una sera si era fatto davvero tardi e  i poliziotti m’invitarono a richiamare il parroco  in canonica, così loro potevano tornarsene in caserma”, ha riferito in uno dei tanti significativi aneddoti. 

Per don Marcello, che aveva da poco concluso gli studi teologici, quel “vento impetuoso” portò una trasformazione sul Trentino di allora che appariva un contesto socioculturale coeso e solido, come ha scritto qualcuno  “una società statica, tranquilla, ordinata ma inibita, settaria e priva di senso critico”, anche se “mai si era piegata alla propaganda fascista durante il ventennio”, ha chiosato Farina che ha analizzato poi altri novità determinanti nel “preparare” i nostri Sessantotti: lo sfaldamento della compattezza del mondo cattolico, l’avvio dell’università, la scuola media unificata, l’approvazione del Piano Urbanistico Provinciale, il grande balzo dell’industrializzazione…

La scossa del Concilio

Furono le idee del Concilio Vaticano II  (don Marcello compiva 22 anni il giorno d’inizio dell'assise ecumenica) a portare la scossa in un ambiente dove il sistema cattolico si reggeva fin dal 1898 sulla cosiddetta “triplice rotaia”, la custodia della fede nelle parrocchie, la realtà socioeconomico con il movimento cooperativo e l’ambito politico con il Partito Popolare e poi la Democrazia Cristiana. Ripercorrendo i passaggi dell’amministratore Gargitter al nuovo arcivescovo Gottardi, Farina segnalava la conclusione del collateralismo con la DC, “anticipata rispetto al resto del Paese” e anche l’avvio di iniziative di dialogo in campo culturale ed economico, nonché il ruolo svolto da Vita Trentina guidata dal 1967 da don Vittorio Cristelli.

Un'Università nuova

Come “coronamento del processo di modernizzazione intrapreso degli anni Sessanta” – parole di Bruno Kessler – arriva a Trento quella che viene presentata non solo come una nuova Università, ma come una università nuova, costruita “dal basso”. E all’inizio Trento accolse bene gli studenti e parve condividere le loro ragioni in occasione della loro prima occupazione, ma poi prevalse l’atteggiamento di “una piccola cittadella fortificata di un mondo che credeva di bastare a se stesso, una società senza respiro” è l’espresisone di Farina. Sociologia divenne una città dentro la città con regole e costumi propri, mente anche a livello nazionale ed europeo si realizzava una crisi generazionale che si fece avvertire anche dentro il seminario di Trento.

Operai e studenti

I mutamenti “più significativi, concreti e coinvolgenti, avvennero poi nei Sessantotti delle fabbriche in un’epoca di sviluppo industriale senza precedenti; vi fu un’alleanza fra studenti e operai uniti nella lotta anche nel Sessantotto. Nascono i consigli di fabbrica e la Pastorale del Lavoro, guidata da don Giuseppe Grosselli, si fa attenta agli operai. Vita Trentina si schiera con le lotte sindacali nelle quali sono attive molte donne – ricorda Farina – che “rivendicano la propria emancipazione anche sociale nella famiglia e nel mondo del lavoro”.

Ma il Sessantotto non esaurì la conflittualità, destinata poi a crescere in ulteriori lotte e a coltivare nuove speranze, qualche utopia ed anche un rinnvoamento nel mondo cattolico.

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