A scuola di libertà

Il progetto in Alto Adige è portato avanti dalla Caritas con il servizio Odòs. 500 gli studenti coinvolti

Bolzano – “A scuola di libertà” è un progetto pensato e promosso dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia. In Alto Adige è la Caritas, attraverso il servizio Odòs, a portarlo nelle scuole, dove anche quest’anno coinvolge circa 500 studenti. La nuova edizione ha preso il via a metà novembre si concluderà il 1° marzo. Hanno aderito finora diversi Istituti scolastici di Merano, Bolzano, Ortisei e Vipiteno.

Al centro degli incontri, quest’anno, le “passioni”. Perché la scelta di questo tema? “Perché parlando con i detenuti in carcere”, spiega Alessandro Pedrotti, responsabile di Odòs, “quello che emerge è che ci sono passioni ‘tristi’, che portano a cercare soldi, fama… e sono passioni che alla lunga ti spingono ad avere sempre di più e a rischiare di rovinarti la vita, e ci sono invece passioni – che spesso i detenuti incontrano per la prima volta in carcere – che sono positive e aiutano a vivere e a tenersi fuori dai guai: la lettura, la scrittura, il confronto e l’incontro… L’incontro con le vittime, ad esempio, o con gli studenti…”

Coi ragazzi gli operatori di Odós cercano di superare quelle semplificazioni che propongono una distinzione netta tra “buoni” e “cattivi”, per parlare di una giustizia non vendicativa, che miri alla riconciliazione attraverso una pena costruttiva. Quali sono i temi, le domande che emergono con frequenza dai ragazzi e dagli insegnanti? “Operiamo partendo da un brain storming”, spiega Pedrotti. “Ad esempio con la parola ‘pena’. Partiamo proprio da quello che i ragazzi pensano rispetto a questa o ad altre parole. Anche dalle loro passioni. Poi, dopo aver sentito delle testimonianze sia in video che direttamente dalla voce di qualche nostro ospite, cerchiamo di ricollegare il tutto entro una cornice. Alle volte ci sono domande sul carcere, ma prevalentemente il discorso è sul senso della pena, sul perché è importante che la pena non sia solo carceraria. La nostra Costituzione è scritta senza mai nominare la parola carcere. È stata scritta da grandi giuristi e da persone che avevano sperimentato su di loro la pena carceraria…”

Oltre alle mattinate in classe si tengono anche incontri presso la sede di Odòs e con gli operatori dell’Uepe (Ufficio di esecuzione penale esterna). Quali i programmi futuri nel campo del coinvolgimento della comunità a interrogarsi sul tema del carcere e della giustizia? “Indubbiamente il progetto denominato ‘L’utente che non c’è’, che fa parte del progetto nazionale ‘Liberare la pena’. Una serie di iniziative che vogliono far pensare anche a chi vive la condizione di detenuto presso la propria abitazione. Il progetto prevede un’attività sensibilizzazione che porta la Caritas nelle parrocchie, proprio per indurre a riflettere su queste situazioni. Un tema, quello della giustizia, fortemente presente nella Bibbia… Obiettivo di ‘A scuola di libertà’”, conclude Padrotti, “è proporre un modello di giustizia diverso, in cui sia recuperato il valore della centralità della persona umana”.

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