“Non si può vivere in queste condizioni”

“E’ una situazione che parla da sola, così non va. Non si può stare in quattordici in un container”, commenta al termine della visita al campo profughi di Marco l’arcivescovo Lauro Tisi, intervenendo ai microfoni della radio diocesana Trentino inBlu. Pur riconoscendo le difficoltà che gestire un campo di tali dimensioni comporta e gli sforzi dell’ente pubblico per venire incontro alle esigenze dei richiedenti asilo, l’arcivescovo si è detto molto toccato da quanto visto e sentito.

Vescovo Lauro, era una visita in programma da tempo e ora è qua. Cosa ha trovato?

“Ho visto una situazione molto difficile che ci interpella e ci chiede di trovare soluzioni. Come Diocesi metteremo a disposizione fin da subito almeno 22 posti in località San Nicolò, in appartamenti dove erano ospitate famiglie siriane, giunte con il corridoio umanitario. E altri nove posti saranno presto disponibili in due diverse località”.

Cosa si sente di dire alla comunità trentina?

“Dobbiamo aprire gli occhi sulla complessità di questa situazione e vedere se non abbiamo anche noi qualche possibilità di rispondere. Quattordici persone in un container, come abbiamo visto, è una situazione che dice già tutto: non c’è altro da dire se non che così non va”.

Lei ha parlato con alcuni dei ragazzi ospitati al campo.

“Mi porto dietro le domande che mi hanno fatto sulla complessità della loro situazione e sulle loro problematiche esistenziali, che vanno ben oltre il disagio del vivere in un container”.

Un disagio reale, però quasi nessuno ha accettato il trasferimento a Trento, alla residenza Fersina.

“Comprensibilmente, nel pensare una ricollocazione, bisogna tener conto dei percorsi di integrazione e formativi che per molti di loro sono già stati avviati sul posto”.

Con quali pensieri torna a Villa Moretta, sopra Pergine Valsugana, dove in questi giorni i preti trentini curano la loro formazione?

“Vedo in questa visita un’occasione per accostare problematiche che, ripeto, non sono semplici. Vedendo questa sofferenza, mi viene da dire che è meglio parlare poco e darsi da fare”.

Come rispondono i preti trentini a questa nuova situazione?

“Quando ho detto loro che sarei venuto qui, tutti mi hanno detto, all’unisono: ‘veniamo anche noi con te’. Da parte dei preti c’è massima apertura su questo terreno e ne hanno dato prova mettendo a disposizione le canoniche per l’accoglienza. Dobbiamo però lavorare ancora sulle nostre comunità, per vincere paure che si sfaldano solo con l’incontro. Il mio intento è far di tutto per muovere le comunità ad aprirsi”.

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