Una matita per l’unità

Il dono simbolico ai fedeli “per imparare a sottolineare le cose buone”

"Crediamo veramente nella potenza del Signore?" È rivolta a ognuno la domanda che ha aperto domenica scorsa in Duomo la riflessione di padre Catalin durante la veglia di preghiera ispirata al "Potente è la tua mano, Signore" (Esodo 15,6) nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. La celebrazione ecumenica si è svolta con il vescovo Lauro, il decano del Capitolo monsignor Maule, don Mario Gretter, delegato per l’ecumenismo della diocesi di Bolzano-Bressanone, e i parroci delle chiese ortodosse, i pastori delle chiese evangeliche, i referenti delle comunità cristiane presenti in diocesi. “Quando non apprezziamo le cose piccole e non ringraziamo per il fatto di essere vivi, dimenticando di ringraziare gli altri e Dio, vuol dire che non crediamo più alla sua potenza”, ha detto padre Catalin, che in mattinata aveva ospitato don Lauro alla liturgia della Chiesa ortodossa romena nella chiesa di S. Marco. “Ringraziare non è semplice, al giorno d’oggi i nostri sono dei grazie formali, privi di sostanza e di reale coinvolgimento; non c’è gioia sui nostri volti al termine delle messe, abbiamo troppe cose a cui pensare e da fare e così dimentichiamo che la vita è un dono, dobbiamo invece trovare modi per esprimere e trasmettere la gioia, come la profetessa Miriam che ballava, e chiedere al Signore di darci sapienza e pazienza per restare uniti”. 

“Nelle letture – ha esordito l’arcivescovo Lauro -, risuona l’invito ricorrente che rappresenta una salutare provocazione per tutte le nostre Chiese allo stare attenti a non perdere Cristo, troppo concentrati come siamo su discussioni che rischiano di dividerci. La donna che perde sangue è l’icona che meglio ci rappresenta: separati,  perdiamo spessore e siamo simili alla folla che ride davanti al Maestro che cerca chi l’ha toccato”. È il riso sarcastico e amaro di chi non crede alla potenza dello Spirito, ma la donna, pur impaurita, riesce a toccare il lembo del mantello di Gesù che la guarisce: “Essere qui riuniti insieme a pregare esprime anche il nostro desiderio di toccare il Cristo per essere risanati: egli non guarisce di nascosto, chiama la donna e le fa spazio, allo stesso modo chiama le nostre Chiese a superare la paura, avvicinandosi a lui e tornando a credere che, grazie al dono  dello Spirito, che è dono di comunione e riconciliazione, il mare della divisione può essere superato. Ringrazio il Signore per le nostre diversità: ognuno ha doni che, scambiati, ci fanno diventare segno di speranza e di vita riconciliata in un mondo che il Censis ha descritto come rancoroso e litigioso”. Al termine della celebrazione, animata dalla dolcezza dei canti della comunità ecumenica di Taizé, i ministri delle comunità cristiane hanno distribuito all’assemblea una matita, per imparare a sottolineare le cose buone e quale impegno a superare la schiavitù dell’analfabetismo, della cattiva informazione degli slogan, come ricordato da don Andrea Decarli, e una lettera rivolta ai cristiani dalle Chiese in Italia.

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