Profughi siriani, nuovo corridoio

"Viva l’Italia": è il grido lanciato martedì 30 mattina all’aeroporto di Fiumicino dai bambini del gruppo dei 30 profughi siriani arrivati, via Beirut, con il progetto ecumenico dei Corridoi umanitari. Tengono stretto in mano uno striscione con su scritto "Benvenuti in Italia". Sono occhi pieni di speranza e di curiosità quelli dei profughi: sorridono, qualcuno si abbraccia con i familiari già integrati in Italia. Arrivano da Homs, Damasco, Aleppo. Fuggono da luoghi di sofferenza e vogliono cancellare le immagini della guerra. Per lunghi anni, dall’inizio della guerra in Siria, hanno vissuto nei campi profughi in Libano. Tra di loro ci sono molte famiglie con bambini, 13 in tutto: stringono in mano palloncini e bandierine colorate. Alcuni hanno bisogno di cure urgenti che in Libano non potevano ricevere e due di loro vengono ricoverati all’ospedale pediatrico Bambin Gesù.

Fanno tutti parte del primo gruppo del contingente di 1.000 profughi previsto dal secondo protocollo rinnovato il 7 novembre scorso per il biennio 2018/19 tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia e il governo italiano sul modello del primo protocollo che dal 2016 ha consentito di far arrivare in Italia attraverso una via sicura e legale un migliaio di persone, sottratte così alle mani dei trafficanti di esseri umani. Il progetto è diventato un modello per l’Europa, tant’è che è stato lanciato anche in Francia e in Belgio. Proprio il giorno prima, il 29 gennaio, 40 siriani provenienti da Beirut sono arrivati a Parigi.

Dopo lo sbarco dal volo di linea Alitalia, i 30 profughi sono stati accolti in aeroporto dal viceministro degli esteri Mario Giro, dal sottosegretario agli esteri Vincenzo Amendola, dal presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, dal presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca Maria Negro, e da rappresentanti del ministero dell’Interno. C’era anche il consigliere provinciale Mattia Civico, che nei giorni precedenti aveva raggiunto i profughi nel campo di Tel Abbas, nel nord del Libano, insieme a due operatori del Centro Astalli di Trento, che si prenderà cura di una famiglia siriana da ora ospitata in un appartamento a Trento. Fuggita da Homs, da due anni viveva nel campo profughi in Libano: madre, padre e quattro bambini sotto gli otto anni. Il più piccolo è rimasto a ora: è uno dei due ricoverati al “Bambin Gesù” a causa delle condizioni precarie di salute. Con questo arrivo, sono ora 45 i profughi siriani accolti in Trentino.

"E’ la bella politica che si occupa dei problemi e del bene comune delle persone – ha detto Impagliazzo salutando il gruppo di siriani –, in questo caso della protezione umanitaria e di persone che fuggono dal freddo delle baracche e dalla guerra che, dobbiamo ricordare, in Siria ancora c’è, non è finita: se ne parla molto di meno ma queste persone vivono in campi profughi in Libano in stato di grande difficoltà". Parlando dei precedenti arrivi, Impagliazzo ha sottolineato come "l’integrazione nella società italiana, e distribuita su tutto il territorio nazionale tra famiglie, parrocchie, associazioni, è stata piena, funziona bene, a partire dai bambini: sono iscritti a scuola, hanno imparato la lingua italiana e sono i primi mediatori”. E’ un’accoglienza nelle comunità che dimostra l’esistenza di “un’Italia bella che non chiude le porte e dà una risposta concreta”. Un messaggio rivolto anche all’Europa, affinché si diffonda il modello dei corridoi umanitari.

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