Il sentiero scivoloso dell’estremismo

La politica lavora ad ingigantire le preoccupazioni proprio perché essa è in profonda crisi

I recenti fatti delittuosi di Macerata hanno riportato all’attenzione un fenomeno su cui vale la pena di riflettere assai seriamente. La questione centrale non è, come si è detto, il risorgere di tentazioni neofasciste e neonaziste. Non che quelle manchino, ma sono al momento appannaggio di quote per fortuna limitate della devianza sociale e hanno in verità un rapporto più mitico che reale con le realtà storiche a cui si rifanno. Il tema vero che bisognerebbe affrontare è la rinascita del mito del capro espiatorio, che è una costante che come un fiume carsico percorre la storia inabissandosi e riaffiorando continuamente.

Esso nasce dal sommarsi di due fenomeni: una crisi economico sociale che promuove una insicurezza diffusa nella percezione del proprio destino da parte di quote ragguardevoli di una società; la presenza in un corpo sociale di componenti che vengono dall’esterno e che in tutto o in parte hanno difficoltà ad integrarsi nelle usuali reti comunitarie. L’esempio degli ebrei nella storia europea spiega bene questo fenomeno e purtroppo ci mette in guardia su dove si possa finire. Tuttavia non è l’unico esempio storico che si potrebbe citare: c’è stato il problema dei mussulmani costretti a convertirsi a forza nel regno di Granada dopo la conquista da parte degli spagnoli (i moriscos), o l’isteria per una presunta “invasione gialla” che sconvolse gli USA fra fine Ottocento ed inizi del secolo seguente per la presenza di una larga presenza di immigrati cinesi e asiatici importati come operai per la costruzione delle ferrovie. Ma i casi e gli esempi si potrebbero moltiplicare.

Ecco perché l’attuale situazione italiana va tenuta sotto controllo. La tesi della “invasione” di extracomunitari è ovviamente smentita dai numeri reali, ma la percezione del ripresentarsi di fenomeni da tempo dimenticati come vagabondaggio, vita di espedienti, piccola criminalità in crescita inducono ad ingigantire le preoccupazioni rispetto ad una realtà che non si vede come possa essere messa sotto controllo in tempi brevi.

La politica, purtroppo, lavora ad ingigantire queste preoccupazioni proprio perché essa è in profonda crisi: priva per lo più di credibilità, con problemi di ricambio dei propri ceti (dirigenti e non), radicalizzata dalla necessità di contendersi il consenso di un elettorato fluttuante che non è più guidato a comporsi in gruppi sociali abbastanza larghi e abbastanza coesi, essa tenta di cavalcare il tema delle “narrazioni” come surrogato delle proposte progettuali.

Si sarà notato che questa campagna elettorale non è capace di presentare progetti degni di questo nome, di guidare l’opinione pubblica ad orientarsi di fronte alla molteplicità di opzioni, tutte onerose, che ci potrebbero portare decisamente fuori dalla contingenza presente. Per questo ciascuno supplisce con “narrazioni” che si basano sul dipingere i propri avversari come il male e presentare sé stessi come coloro che hanno la bacchetta magica per risolvere i problemi. Naturalmente c’è chi lo fa in maniera più spudorata e chi cerca di mantenere un minimo di stile, chi punta alle fanfaronate e chi all’opposto afferma di volersene astenere, ma poi non riesce a proporre qualcosa di più di discorsi vaghi di buon senso un tanto al chilo.

Il problema di cui non si vuole assolutamente discutere è come si pensa poi di gestire tutto il vento che si è seminato in questi mesi, perché dubitiamo fortemente che una volta eletto il cospicuo numero di onorevoli che uscirà comunque dalla urne sia davvero voglioso di correre a rifare le elezioni. Scaricare il tutto su un ipotetico “governo del presidente” messo in piedi per rifare in tempi brevi una nuova legge elettorale che consenta di tornare presto al voto è una favoletta che può andar bene al massimo a qualche sprovveduto principiante della politica (per altolocato che egli si ritenga). Comunque quel governo, anche se fosse possibile quell’esito, starà al potere per un certo numero non breve di mesi durante i quali non solo dovrà governare, ma dovrà farlo disponendo del consueto strumentario di “poteri”. Una situazione sulla quale sarà difficile trovare l’accordo fra forze politiche che si guardano in cagnesco, che hanno giurato solennemente davanti agli elettori di non fare “inciuci” e che sanno benissimo che la scelta di un governo che non faccia quasi nulla sarebbe il disastro sociale ed economico per il nostro paese.

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