“Logos e polis sono la nostra marca distintiva”

“Ciò che hai ereditato dai padri, conquistalo per possederlo”, scriveva Goethe. L'eredità è un capitale da far fruttare, una tradizione in cui riconoscersi, un valore da vivere e non un feticcio da omaggiare. Viviamo in un mondo eccentrico e a-metrico, senza centro e senza misura, e assistiamo ad una duplice rivoluzione che cambia il destino individuale e quello collettivo, quella della migrazione e quella tecnico-scientifica, con il predominio dei media digitali che mandano in esilio la categoria del tempo. Per rendere amico questo futuro pieno di incertezze occorre combinare le tre dimensioni racchiuse nella parola finis che va intesa come fine, ossia la meta, il confine e la fine. L'identità culturale è soppiantata da altre culture, quella professionale dai robot, quella personale va in crisi perché i concetti tradizionali di padre e madre non reggono più. Anch'essi conoscono un certo esilio e constatiamo un'eclissi di parole di fronte alla quale la prima cosa da fare è "intelligere", cogliere ciò che sta dentro, poi elaborare pensieri lunghi, infine tornare a porci domande: l'ars interrogandi è decisiva.

Per mettere in contatto antichi con moderni, maestri e allievi, padri e figli, occorre recuperare tre traiettorie: parola, comunità, tempo.

La parola è un grande enigma, è simbolica e diabolica, può unire e separare. Oggi c'è un uso mistificato della parola: noi diciamo flessibilità, per i giovani è disoccupazione, diciamo guerra preventiva ma è aggressione. Quando cambia il significato delle parole c'è da preoccuparsi, ammoniscono severamente gli autori classici. Occorre un'ecologia linguistica. Confondiamo le parole con i vocaboli e la parola con il mezzo di comunicazione. Invece di scegliere parole migliori, ci accontentiamo di quelle ovvie, usate da tutti. La parola "maestro" è superiore a "ministro"; professore deriva da professare: cosa professa in aula? La parola viene prima della comunicazione, crea il pensiero. Il dialogo è una cosa dura, pesante, ma logos e polis sono la nostra marca distintiva: siamo chiamati a vivere in comunità, a esercitare virtù per il bene comune. La politica non è per i volontari, è arte nobile. Oggi scontiamo un'enorme contraddizione: i giovani sono planetari per il web, nani per il tempo. Li abbiamo staccati dalla spina della storia, collocandoli in un eterno presente, nell'inferno dell'uguale. Papa Francesco ha affermato che il tempo supera lo spazio: è dinamico, allunga la vita. Essa è memoria dei trapassati e progetto futuro, e salvaguardare la tradizione significa trovare un punto di incontro tra il notum dei classici e il novum dei figli, che cercano i padri senza trovarli. Tutto è ridotto ad un'interfaccia, il volto invece è il metronomo del tempo, via per ricomporre il legame tra generazioni e trovare quel punto di sutura tra passato e novità mai sperimentata che pacifica.

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