Il senso delle istituzioni

C’è un problema in più nella vita politica italiana di cui ci si sta accorgendo in ritardo: si tratta della delicata posizione delle due presidenze di Camera e Senato. A vedere quel che fanno trapelare sulla stampa i vari contendenti sembra si tratti solo di conquistare un “fortino” per issarvi la bandiera del proprio partito. Così fanno Cinque Stelle e Lega, così cerca di fare Berlusconi. Il PD non può fare nulla perché è un partito al momento in confusione.

In realtà si tratta di nominare al Senato la seconda carica dello stato, quella che in caso di impedimento o di venir meno del Presidente della Repubblica ne assume il ruolo (scusate se è poco) e alla Camera quella che è pur sempre la terza carica dello stato. Sulla carta dovrebbe trattarsi di figure non solo di garanzia per una gestione corretta dei lavori parlamentari (su questo vigilano anche i funzionari delle due Camere, che, per dirla semplice, sanno come si fa), ma anche di personalità che dovrebbero concorrere col capo dello stato ad implementare nel popolo fiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa, per non dire in una cultura nazionale di base e condivisa.

Nella compianta prima repubblica pur essendo quelle cariche saldamente nelle mani della maggioranza governativa fino al 1976 si cercò sempre di scegliere figure al di sopra almeno delle polemiche di bassa lega. Dopo il 1976 venne il momento di dividere le responsabilità fra maggioranza ed opposizione, ma anche in quel caso gli uni e gli altri cercarono sempre di puntare su figure di un certo spessore. Basterà ricordare i nomi dei presidenti scelti dal PD: Ingrao, Iotti, Napolitano. Nella seconda Repubblica fino ad un certo punto si è mantenuta l’impostazione di evitare che negli alti scranni di Montecitorio o di Palazzo Madama sedessero personaggi con troppe debolezze quanto al ruolo che dovevano rivestire. Persino l’eccezione della Pivetti fu di fatto contenuta dall’apparato funzionariale e lo stesso Bertinotti fu un presidente attento a trasmettere una appropriata immagine del suo ruolo in quella particolare contingenza.

Temiamo che quelle convenzioni siano venute meno con la passata legislatura quando furono eletti Grasso e la Boldrini, personalità che non sono state in grado durante il loro mandato di rafforzare il ruolo istituzionale loro assegnato e che lo hanno incredibilmente bruciato nella scelta finale di schierarsi in un’operazione politica a dir poco avventurosa (e che infatti è stata sonoramente bocciata dalle urne, sia come operazione che, ancora peggio, come risultato delle due persone nell’uninominale).

Nella delicatissima situazione che si apre con questa nuova legislatura sarebbe davvero un rischio grande se non si disponesse di presidenti di Camera e Senato capaci non solo di tenere a freno assemblee che non c’è da aspettarsi siano più disciplinate di quelle appena sciolte (dove se ne sono viste di tutti i colori), ma anche di assolvere a quel compito di affiancamento del Presidente della Repubblica che è di fatto parte delle loro funzioni. Per mantenersi anche solo ai compiti strettamente previsti, vogliamo ricordare che ad ogni crisi di governo il Presidente della Repubblica inizia praticamente le consultazioni sentendo i presidenti delle due Camere e che questo avviene anche nel caso di scioglimento anticipato della legislatura (che è prospettiva niente affatto teorica in questa fase). Si può capire quale credibilità avrebbero persone legate alle lotte di corrente e alle intemerate propagandistiche dei rispettivi partiti.

Aggiungiamoci che non va dimenticato un fatto banale, ma largamente dimenticato: il “sistema” viene valutato nel suo complesso, le istituzioni si sostengono a vicenda. Avere vertici di Camera e Senato che non siano in grado di collaborare a quell’operazione di pedagogia democratica che compete al presidente della repubblica e che da Ciampi in poi è divenuta sempre più importante non sarebbe davvero senza conseguenze. Per questo è importante che le due personalità elette ai vertici siano lontane dall’immagine di chi ha partecipato alle risse politiche in giro per i vari teatrini, a cominciare dai ring dei talk show televisivi. Lo è altrettanto che abbiano profili di competenza e di saggezza tali da renderli elementi in grado di pesare in senso moderatore nella gestione di una lotta politica che si preannuncia surriscaldata.

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