Lo zafferano del Baldo

La denominazione è giustificata dalle analisi effettuate su campioni prelevati da quattro campi situati nell’areale di Brentonico

Una cinquantina di persone ha partecipato ad una serata informativa sullo zafferano che si è svolta a Rovereto. L’incontro, organizzato da Angelo Giovanazzi e dal sindaco di Brentonico in veste di presidente del Parco naturale del Baldo, ha avuto due momenti. Il primo conoscitivo, incentrato su una magistrale relazione scientifica di Fulvio Mattivi dell’Università di Trento. Il secondo gastronomico gestito dallo chef Max del ristornate le Formichine che ha proposto un menù di cinque portate a base di prodotti del parco  del Baldo impreziositi e resi più gustosi da una dose misurata di zafferano del Baldo.

Ancora una volta si è confermata vincente la formula culturale-gastronomica adottata da Angelo Giovanazzi promotore di una dieta mediterranea di tipo alpino anche in altri incontri precedenti: imparare a conoscere tramite esperti un prodotto e poi gustarlo a tavola con possibilità di assaggio guidato e di interlocuzione tra commensali o con gli esperti. Diamo spazio alla relazione di Fulvio Mattivi che ha coordinato per trent’anni le ricerche in campo agroalimentare e vinicolo dell’istituto agrario provinciale di S. Michele all’Adige (oggi Fondazione Mach).

Mattivi ha fornito nella prima parte alcune informazioni di carattere introduttivo sullo zafferano. La pianta è conosciuta e coltivata dal 1700 a.c. . E’ una produzione tipica in alcuni paesi quali Iran, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Marocco e India.

Lo zafferano è composto dagli stigmi essiccati del Crocus sativus L. ed è la spezia più preziosa prodotta nel mondo. La produzione mondiale è stimata intorno a 205 tonnellate. I due stigmi prelevati dal fiore in autunno pesano 2 milligrammi. Servono 110 mila fiori per ricavare un chilogrammo di stigmi da essiccare. Questo spiega il costo di questa spezia che in Italia si colloca fra 15 e 30 euro a grammo.

Da pochi anni, grazie a quattro appassionati, sono stati messi a dimora alcuni appezzamenti di zafferano nella zona di Brentonico, Cornè, Cazzano e Crosano. Negli anni 2015 e 2016 è stata condotta una ricerca che aveva lo scopo di verificare  quale fosse il livello qualitativo dello zafferano del monte Baldo comparato con alcune produzioni di zafferano in  stigmi reperiti dei negozi di gastronomia e ritenuti di qualità elevata in base ai parametri fissati dalle norme commerciali internazionali. Si doveva anche saggiare l’influenza della zona di coltivazione e delle procedure di preparazione della spezia, in particolare riferita alle modalità di essicazione. Rientrava nel protocollo anche la messa in evidenza di eventuali differenze quali-quantitative tra prodotti provenienti dai diversi campi di coltivazione. Nell’insieme dei parametri da valutare  la ricerca si è concentrata sulle tre sostanze  derivanti dalla degradazione di una unica matrice appartenente al gruppo degli apocarotenoidi: crocetine ( colore), picrocrocina ( sapore amaricante), safranale (aroma).

Da questa prima analisi, alla quale hanno collaborato i ricercatori Daniele Perenzoni (Università di Trento) e Cesare Lotti (Fondazione Mach), è emerso che lo zafferano del monte Baldo è di ottima qualità. Alcuni valori in certi casi sono superiori agli altri campioni di confronto. Pur avendo inserito nei lotti rappresentanti piccole produzioni giornaliere ed essiccati con tecniche diverse, si nota prima di tutto una limitata variabilità su tutti e tre i parametri. Il parametro relativo al potere aromatico in particolare si pone nella parte più elevata dell’intervallo naturale per la spezia. Nessuna delle partite analizzate era collocabile nella terza categoria ( bassa) per nessuno dei tre parametri misurati. Anche i dati relativi al potere colorante e amaricante si pongono come media vicino al valore soglia per la categoria di eccellenza assoluta. In conclusione l’areale si conferma adatto alla coltivazione di zafferano. Ciò significa che sussiste la possibilità di investire altri campi con questa coltivazione.

Un certo margine di miglioramento si profila anche per la tecnica di coltivazione (concimazione, irrigazione). Potrebbe essere utile la collaborazione con il Centro per il trasferimento tecnologico della Fondazione Mach o con l’istituto di agricoltura montana e tecnologie alimentari attivo da due anni presso il Centro di sperimentazione di Laimburg (Ora).

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