Yemen, catastrofe umanitaria

Resta aperta la questione dell’ambiguo ruolo del governo italiano, che avalla l’export di armi: un cartello di associazioni e Ong si rivolge al nuovo Parlamento

Tre aprile 2018: a Ginevra, in Svizzera, i Paesi donatori promettono di destinare più di 2 miliardi di dollari Usa per sostenere l’erogazione di aiuti umanitari urgenti a milioni di persone nello Yemen. "Le risorse umanitarie sono molto importanti, ma non sono sufficienti”, dichiara il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, chiedendo “accesso illimitato ovunque nello Yemen”, il rispetto del diritto internazionale umanitario e la protezione dei civili da parte di tutte le parti in conflitto. Ma, soprattutto, “un serio processo politico per portare a una soluzione politica”.

La guerra nello Yemen tra le forze governative appoggiate da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e con gli Emirati Arabi Uniti, da una parte – entrambi i Paesi, peraltro, sono tra i sostenitori del piano di risposta umanitaria “Yemen 2018” delle Nazioni Unite – , e gli Houti sostenuti dall’Iran, dall’altra, è entrata nel suo quarto anno. Mentre la comunità internazionale si incontra a Ginevra per concordare una risposta umanitaria alla spaventosa crisi in corso nello Yemen (più di 22 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria salva-vita, afferma l’Unocha, Ufficio delle Nazioni Unite per l’assistenza umanitaria; “una catastrofe umanitaria con sofferenze e fame a livelli mai visti prima”, afferma il Programma Alimentare Mondiale – World Food Programme), aumenta di giorno in giorno il numero di persone sull’orlo della carestia.

Tre aprile 2018: un comunicato stampa delle Nazioni Unite conferma che il giorno prima, alla vigilia dell’appuntamento di Ginevra, “diversi bambini sono stati uccisi durante un attacco nella città di Hodeida, sulla costa, nello Yemen occidentale”. “È uno degli attacchi che ha causato la morte di un maggior numero di bambini da quando il conflitto in Yemen ha iniziato ad acuirsi a marzo 2015. Nessuna delle parti coinvolte in questa guerra brutale ha per un solo secondo rispettato i principi fondamentali di protezione dell’infanzia”, denuncia Geert Cappelaere, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. Dal marzo 2015 sono 2.195 i bambini uccisi, 3.387 quelli mutilati, 2.419 reclutati nei combattimenti: più di 5.000 bambini in tre anni di guerra hanno perso la vita o sono rimasti feriti. In loro memoria Save the Children ha trasformato un parco giochi di Roma in uno scenario bellico, con trincee e segnali antimine. I 17 bambini e ragazzi del Parlamento dei Bambini dello Yemen, sostenuto da uno dei partner locali di Save the Children, hanno chiesto alla comunità internazionale “di impegnarsi a mettere fine alla guerra e a proteggere i diritti dei bambini”. “I bambini yemeniti – ricordano – sono stati bombardati e costretti alla fame, nella totale impunità per gli autori di simili violenze”. Una sofferenza, evidenzia Tamer Kirolos, direttore di Save the Children in Yemen, “completamente provocata dall'uomo”. E dalle bombe prodotte in Italia, a Domusnovas in Sardegna, dalla RWM, società tedesca del gruppo Rheinmetall, su autorizzazione dei governi Renzi e Gentiloni, come ricordato ampiamente da media locali e da Avvenire e dalla trasmissione tv Le Iene a livello nazionale e come ha documentato in una video inchiesta il New York Times, ripercorrendo il tragitto degli ordigni dalla fabbrica fino in Arabia Saudita.

“Sulla situazione nello Yemen e, soprattutto, sull’intervento militare nel paese del golfo arabico da parte della coalizione saudita il governo Gentiloni ha sempre preferito non sollevare troppa attenzione”, afferma Giorgio Beretta, analista della Campagna banche armate: “Il governo in questi anni ha continuato a fare affari di armi con le monarchie assolute del Golfo e ad esportare ai sauditi ordigni per i bombardamenti in Yemen”, benché anche un rapporto delle Nazioni Unite documenti “ampiamente l’utilizzo di bombe italiane nei raid aerei dell’aeronautica saudita sulle aree civili” e “abbia dichiarato che tali operazioni ‘possono costituire crimini di guerra’”.

Amnesty International Italia, Movimento dei Focolari, Fondazione Finanza Etica, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo chiedono al nuovo Parlamento di sospendere l’invio di armi che alimentano il conflitto e di sollecitare un’iniziativa di pace a guida Onu. “Non possiamo più chiudere gli occhi davanti alla catastrofe umanitaria", scrivono, chiedendo che la prima iniziativa del Parlamento italiano "sia quella di conformarsi alle risoluzioni, votate ad ampia maggioranza nel Parlamento europeo, che chiedono di promuovere un embargo di armamenti verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati in considerazione del coinvolgimento nelle gravi violazioni del diritto umanitario". La Norvegia l’ha già fatto, sospendendo le autorizzazioni per le forniture di armi e munizioni agli Emirati Arabi Uniti. E, ricorda Beretta, a rivedere gli accordi di cooperazione militare o a sospendere le esportazioni militari avevano iniziato già nel 2015 la Svezia, la Germania nel gennaio del 2016, i Paesi Bassi nel marzo del 2016.

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