Aldo Moro e l’Alto Adige

Con lui Capo del Governo si arrivò con gli amici Montini, Berloffa e Gottardi alla soluzione per dare al territorio un indirizzo pastorale unitario

Bolzano – Ricorre in questi giorni (il 9 maggio) il quarantesimo anniversario del sanguinoso rapimento, della prigionia e dell’assassinio di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse. Moro (1916-1978) fu una figura centrale nell’Italia del dopoguerra. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana, deputato all’Assemblea costituente, più volte ministro e cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri (dal 1963 al 1968, dal 1974 al 1976). Come Capo del Governo ebbe un ruolo importante nel processo che portò alla scrittura del cosiddetto Pacchetto, l’insieme di norme che costituiscono la seconda autonomia trentino-altoatesina. Furono determinanti la sua lungimiranza e le relazioni con un gruppo di persone interessate al Bene comune anche per la nascita della diocesi di Bolzano-Bressanone, creata nell’agosto del 1964. Quando fu rapito e ucciso Moro era presidente della Democrazia Cristiana.

Primi anni Sessanta. Siamo nel pieno della stagione delle bombe. Nel giugno 1961 un gruppo di attentatori ha cercato di mettere al buio Bolzano e la sua Zona industriale nella “Notte dei fuochi”, mescolando il sacro (la domenica del S. Cuore) col profano (le ideologie e i nazionalismi). Di fronte a questi eventi la Chiesa locale reagisce con vigore, ma anche con un grosso limite: l’Alto Adige è diviso territorialmente in due diocesi, Trento e Bressanone, la qual cosa rende meno efficace l’intervento del vescovo nelle questioni politiche.

Nel 1963 si crea però una congiuntura particolarmente favorevole affinché la situazione possa sbloccarsi, in modo che la comunità cristiana possa dare un suo contributo efficace nel portare l’Alto Adige e il Trentino verso la seconda autonomia.

Alcide Berloffa, politico democristiano altoatesino di origini trentine, da qualche anno sta lavorando assieme al vescovo Joseph Gargitter alla ridefinizione dei confini della diocesi di Bressanone. L’obiettivo è la creazione di una circoscrizione unica che comprenda tutto l’Alto Adige, in modo da dare al territorio, in questa fase delicata, un indirizzo pastorale unitario. Si fanno diverse ipotesi e ci sono non poche resistenze, soprattutto a Trento, ma anche a Bolzano. Il processo prende nuovo slancio proprio con l’arrivo di Aldo Moro alla presidenza del Consiglio dei ministri: dicembre 1963.

Il 12 febbraio 1963 era stato nominato arcivescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi che conosceva Moro dai tempi della FUCI e aveva con lui un rapporto di amicizia. Il 21 giugno 1963, dopo la morte di Giovanni XXIII, era stato eletto Giovanni Battista Montini – papa Paolo VI. Era stato lui, nel 1939, a proporre Moro alla presidenza della FUCI. Alcide Berloffa, compagno di partito di Moro, conosce bene Montini, che è stato assistente generale delle ACLI fin dalla fondazione e che lo aveva chiamato nel 1954 a sistemarne i conti nel ruolo di amministratore centrale.

Gli amici Montini, Moro, Berloffa e Gottardi arrivano in breve alla soluzione. Nell’agosto del 1964 Paolo VI annuncia la creazione della diocesi di Bolzano-Bressanone. Un evento che contribuirà a fare chiarezza nella realtà locale, a restituire autorevolezza alla Chiesa e ai vescovi, a pacificare via via i rapporti per giungere, alla fine del decennio, all’approvazione del Pacchetto.

Quello dei quattro personaggi coinvolti, però, non è solo un incrocio di amicizie, non la politica degli amici degli amici. È l’incrocio (l’incontro) di idee, di prospettive, di ideali, di una politica sognata a realizzata nell’ottica del Bene comune.

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