La pena che interroga

Un ripensamento del carcere che vada oltre visioni rigide e stereotipate: il percorso “Liberi da dentro”

Volti che da prigionieri diventano comunicazione, e sbarre che diventano penne. È l'immagine simbolo di "Liberi Da Dentro", progetto biennale promosso dalla Scuola di Preparazione Sociale, dalla Fondazione Demarchi e da numerose realtà territoriali per promuovere una maggiore conoscenza del mondo del carcere e sensibilizzare la popolazione attraverso una rassegna di iniziative, anche nelle scuole. Il primo ciclo dedicato a "Punire, Rieducare, Ripartire? Riflessioni sulla sanzione penale oggi in Trentino" si è concluso con la tavola rotonda "La città di Trento e il carcere" moderata da Lucia Fronza Crepaz, giovedì 3 maggio nella sede di piazza S. Maria Maggiore.

"Visioni semplificate, rigide e stereotipate si incrinano incontrando persone che con le loro storie generano domande che mettono in crisi le nostre rappresentazioni e richiedono un cambiamento culturale", ha detto il presidente Reggio introducendo il momento di confronto sulle domande sorte durante il percorso culturale.Spazio poi alla testimonianza di Ader, presidente dell'Associazione "Dalla Viva Voce", introdotto dalla vice-presidentessa Silvia Larcheri che ha indicato nel sostegno a ex-detenuti nel percorso di reinserimento sociale la finalità alla base dell'impegno dei volontari.

Nato in un paese del Marocco e arrivato in Italia minorenne, Ader è cresciuto in strada iniziando presto a delinquere, sperimentando la detenzione e poi l'affidamento in prova al servizio sociale nel Comune di Trento. "A 19 anni sono stato condannato a 9 anni di carcere – ha raccontato -: non riuscivo più a immaginarmi libero, pensavo che non avrei più rivisto mio padre ed ero arrabbiato, e ad un certo punto ho anche pensato di farla finita. In appello la condanna è stata ridotta, ma non ho potuto partecipare a nessuna attività o programma rieducativo, e una volta uscito ero al punto di partenza. Ho iniziato a trasportare droga da Milano a Trento, poi sono stato arrestato e condannato a 4 anni e sei mesi". Nel carcere di Trento però Ader ho potuto lavorare per una cooperativa sociale e tornare a studiare: "Ho avuto la possibilità di cambiare stile di vita e, una volta scontata la pena, ho trovato lavoro, un alloggio, costruito amicizie. Ora vivo con mia moglie e mia figlia e sono passati 7 anni dall'ultimo reato commesso". Molti delinquono, e tornano a farlo, perché nella loro vita emarginata non trovano alternative legali: "Per spezzare questa catena, bisogna dare al detenuto la possibilità di ricostruirsi un'altra vita invece che rinchiuderlo in un luogo e dimenticarlo lì: la pena deve aiutare a capire di aver sbagliato, rieducando come farebbe una famiglia con un figlio che ha commesso un errore".

Il percorso si è concluso con il recital “Dalla viva voce. Storie dal carcere”, per voce narrante, pianoforte e video a cura dell’Associazione Quadrivium, andato in scena venerdì 4 maggio nella sede della Fondazione Demarchi. Il prossimo appuntamento è con le “Narrazioni oltre le mura del carcere” nell’ambito dell’evento Biblioteca Vivente: il 16 giugno in piazza Cesare Battisti a Riva del Garda, ore 17-21, il 25 giugno in piazza Duomo a Trento, ore 18-21, il 7 luglio in centro storico a Lavis, ore 19-22.

Il progetto, sostenuto dalla Fondazione Caritro, vede coinvolti Scuola di Preparazione Sociale, Fondazione Franco Demarchi, Associazione “Dalla Viva Voce”, Associazione Quadrivium, Comune di Trento, Comune di Lavis, Comune di Riva del Garda, Rivista UnderTrenta, Sistema Bibliotecario Trentino, Museo Diocesano, Cooperativa ABCittà, Cinformi, APAS, ATAS, Conferenza regionale volontariato carcere Trentino Alto Adige, con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento.

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