Sempre più confusi

La nuova classe di governo si sta rivelando molto più fragile di quanto ci si potesse aspettare

Se alla fine il cosiddetto governo giallo-verde si farà o se salterà tutto lo si dovrebbe vedere fra non molto: al momento ci sono ragioni per ipotizzare entrambe le eventualità. Spinge infatti a ritenere che i due attori di questa rappresentazione siano in difficoltà a rompere il fatto che questo avrebbe il contraccolpo di certificare l’inconsistenza delle loro pretese di essere forza di governo, addirittura di governo del cambiamento. Al contrario proprio questo potrebbe convincerli che sia meglio per loro evitare la certificazione della loro fragilità che deriverebbe dal fallimento delle loro politiche dichiarando a priori che non se ne può far nulla perché non si ha abbastanza potere affidandosi ad un secondo round elettorale quando sarà possibile.

Comunque la si metta, resta che siamo di fronte ad una evidente esibizione di inconsistenza da parte del populismo nostrano. Alla prova dei fatti non si sta trovando la via per trasformare le mirabolanti proposte elettorali sulle quali si è raccolto il consenso in una strategia di governo che possa superare il confronto con i meccanismi di garanzia che reggono il nostro sistema.

I tecnocrati di Bruxelles, come li chiamano sprezzantemente i grilloleghisti, saranno anche “non eletti”, ma mettono in campo serie questioni. Del resto non è che se un medico diagnostica una malattia abbia senso rifiutare la sua diagnosi perché non è stato eletto da nessuno: l’argomento, prima ancora che populista, è stupido. Naturalmente si possono criticare i membri della Commissione Europea che non hanno affatto il dono dell’infallibilità, ma con argomenti fondati non con battute e tenendo conto che comunque rappresentano una delle istituzioni che è in grado di incidere su quella terribile palla al piede che è il nostro mostruoso debito pubblico (del cui ulteriore aumento si è appreso nei giorni scorsi).

Quel che sta emergendo dai confronti in atto sul cosiddetto programma di governo è che non si sa come comporre la scarsa praticabilità degli slogan elettorali con misure concrete che siano sostenibili. Avviene con un curioso gioco delle parti in cui la Lega non riesce a convincersi delle proposte fantasiose di M5S e questo non sa come accettare le altrettanto insostenibili proposte del futuro partner, sicché ci si impantana. Il tutto si complica dovendo comunque alla fine andare a presentare il pasticcio al presidente della repubblica che non può per responsabilità, questa volta davvero di fronte alla storia, dare il beneplacito a misure che comporterebbero per il nostro paese problemi molto seri, per non dire disastri. Del resto la riprova di questo stato di cose è che non si riesce a trovare qualcuno di credibile come candidato premier, perché non c’è chi accetti di sottoscrivere un programma che finirebbe per essere un suicidio politico.

Questo non significa che necessariamente alla fine Salvini e Di Maio percorreranno la via d’uscita dell’abbandono del tavolo con la comoda scusa che l’impossibilità di tenere fede alle loro promesse elettorali deriverebbe dalla “cattiveria” di Bruxelles, dei poteri forti, delle istituzioni matrigne e via dicendo: si sa che la colpa è sempre del diavolo. Se si potesse davvero votare a breve i due potrebbero ancora contare sull’ondata di populismo protestatario che percorre il paese, ma se, come è più probabile, si dovesse aspettare almeno la primavera 2019 per tornare alle urne, c’è caso che la gente, con un decente governo di transizione, abbia il tempo per capire che non è più tempo di abbandonarsi ad avventure impossibili.

Dunque resta in piedi anche l’altra opzione, quella di trovare in extremis una qualche forma di contratto che avvolga tutto nella nebbia delle parole, di individuare un Cireneo che accetta, con qualche garanzia per lui, di presiedere un governo grilloleghista e di potere così quantomeno garantirsi un esecutivo che, in caso di sfiducia alle Camere, gestisca lo spazio pre-elettorale.

Comunque vada resta la constatazione che al momento la nuova classe di governo, che il consenso elettorale ha provato a spingere al governo, si sta rivelando molto più fragile di quanto ci si potesse aspettare. In tempi normali si poteva forse dire che sarebbe maturata con l’esperienza strada facendo, ma, purtroppo, non viviamo in tempi normali.

vitaTrentina

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