Gilberto Simoni: “Il Giro? Mi entusiasma anche dal divano”

Gilberto Simoni in rosa. Foto © DINO PANATO
Il campione di Palù di Giovo Gilberto Simoni, due volte vincitore della corsa rosa, commenta la corsa che ha incoronato Chris Froome. “Aru ha sbagliato preparazione, per il futuro dico Moscon”Dopo aver attraversato il Trentino con la cronometro Trento-Rovereto e la partenza da Riva del Garda della scorsa settimana, il Giro d’Italia ha incrociato le ultime decisive salite alpine ed infine ha deviato verso Roma, dove ha incoronato per la prima volta Chris Froome, fuoriclasse britannico che è entrato così nella ristretta cerchia di ciclisti capaci di vincere dopo il Tour de France e la Vuelta a España anche la maglia rosa nostrana.

Un campione di casa nostra che conosce il Giro d’Italia molto bene, avendolo vinto nel 2001 e nel 2003, è invece Gilberto Simoni, convocato alla Noche del 10 di domenica scorsa proprio per commentare su radio Trentino inBlu la corsa rosa numero 101 e la situazione del ciclismo italiano, che Gibo continua a seguire con la stessa passione di un tempo.

“Dove ho potuto mi sono unito alla carovana”, ha raccontato lo scalatore di Palù di Giovo. “Sono stato sullo Zoncolan dove ho vinto due volte, poi a Trento per la cronometro e all’arrivo di Iseo, ma le altre tappe le ho viste in televisione, sicuramente il Giro mi entusiasma sempre anche stando seduto sul divano”.

E questo che Giro è stato secondo te?

È stato sicuramente un giro unico e credo anche molto importante, c’era tanta storia dentro, con il centenario dalla Prima Guerra Mondiale, la partenza da Israele, il gemellaggio in nome della Pace con Gerusalemme e l’arrivo a Roma. Tanti corridori di primissimo livello del panorama ciclistico erano qui a contendersi la vittoria.

Sei rimasto stupito dal successo di Froome visto come si era messo il suo Giro?

Froome già al Tour des Alpes aveva dato segno di essere pronto per questa sfida, a Pampeago mi aveva impressionato più di tutti e conoscendone il carattere e le prestazioni era il mio favorito alla partenza. Le cadute ed alcune difficoltà iniziali lo hanno un po’ spiazzato, ma quando il percorso si è fatto duro con tante salite prima Aru e poi Yates, che sorprendentemente si era trovato davanti, in qualche modo si sono fatti da parte. Alla fine il britannico è passato dall’essere un Froome che si stacca ad un Froome che ti attacca ed è tornato alla ribalta, anche se dopo metà giro nessuno se lo sarebbe aspettato.

La svolta è stata la tappa del Colle delle Finestre, quando Froome ha conquistato la maglia rosa?

Froome era venuto a questo Giro d’Italia per vincere, con una squadra forte, fatta di corridori molto abili anche in salita, ma Yates aveva scombinato molto bene le carte in tavola. Secondo me l’errore che ha fatto è stato far vincere Froome sullo Zoncolan: gli ha dato quel qualcosa in più dal punto di vista del morale e la carica che gli serviva per tornare a combattere. Forse è una battuta cattiva ma gli avversari bisogna sempre tenerli bastonati, soprattutto se hai a che fare con atleti che hanno un carattere così vincente, se gli concedi di recuperare il morale il giorno dopo ritornano più agguerriti di prima.

A parte Yates e Dumoulin la maglia rosa ha avuto pochi avversari…

Bisogna dire che forse siamo un po’ a corto di campioni italiani e con gli stranieri non si sa mai qual è il loro grado di preparazione e la volontà di fare bene. Un italiano corre in casa e quindi vuole dare tutto, mentre per gli stranieri spesso dipende dalla situazione in cui si trovano: se partono bene se la giocano altrimenti ripiegano su altre corse. In sostanza quelli partiti per vincere oltre al britannico erano Aru e Dumoulin, che è stato il più tenace e si è rivelato l’avversario da battere per Froome, nonostante non sia uno scalatore vero e proprio e questo fosse un Giro con davvero tante salite, quasi troppe per le sue caratteristiche.

Invece Aru si è ritirato alla diciannovesima tappa, ti ha deluso la sua corsa?

Il tracciato del Giro sembrava disegnato su misura per lui, ma probabilmente ha sbagliato preparazione, già al Giro del Trentino aveva dato segnali preoccupanti e si vedeva che non era nelle migliori condizioni.

A tenere alto l’onore del ciclismo azzurro ci ha pensato Elia Viviani, con quattro vittorie di tappa.

È stato un giro duro, con pochi arrivi in volata e tanti grandi velocisti stranieri hanno preferito scartarlo per evitare di sprecare energie, quindi Viviani per certi versi ha trovato spianata la strada, anche se parliamo di un corridore che se sta bene è uno che sa battere tutti. A questo giro ha trovato una grande forza e la determinazione giusta per vincere.

Nel ciclismo italiano di oggi c’è qualche giovane in cui ti rivedi, che possiamo considerare il tuo erede?

Abbiamo dei corridori che in questo tipo di corse a tappe si presentano sempre con l’obiettivo di vincere, come Aru e Nibali. Certo cercare qualche giovane dietro di loro diventa forse un po’ più difficile, ma penso che ce ne siano. Credo che Moscon sia ancora giovane, se saprà maturare e continuare nella crescita in futuro lo vedremo protagonista di qualche grande corsa a tappe.

A proposito di Nibali, non ha partecipato al Giro per puntare al Mondiale, condividi questa scelta?

Il Mondiale quest’anno è molto duro e Nibali fa bene a provare a vincerlo, è adatto alle sue caratteristiche e può farcela. È forse l’unica corsa che gli manca ed è quella che vale di più. Magari l’età non è più dalla sua ma credo che abbia ancora del carattere per fare delle grandi corse ed il Mondiale può essere la ciliegina sulla torta della sua carriera.

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