Il nuovo governo alla prova delle Aule

Non si è toccato il tasto delicato di come si finanzierà il cambiamento che vuole essere radicale

Dunque il nuovo governo ha dovuto presentarsi in Parlamento per ottenere la fiducia. L’esito era scontato, ma l’occasione era attesa per vedere alla prova il nuovo presidente del Consiglio e sentire come avrebbe presentato il programma del suo esecutivo. Non basta certo quanto si è visto per giudicare come opererà il nuovo governo, ma qualche indicazione si è potuto trarla.

Il discorso programmatico non è certo stato brillante: una lunga e pedante illustrazione del famoso “contratto” con il condimento di qualche modesta trovata retorica (tipo quella con cui si rivendicava di essere populisti se questo voleva dire ascoltare i cittadini). Non è mancato neppure un riconoscimento al ruolo dei due capi politici che sedevano ai fianchi del presidente Conte. Va aggiunto che nella replica questi è stato più brillante, forse anche perché non era costretto da un testo scritto in precedenza. La tecnica però era quella classica delle arringhe degli avvocati che si attaccano a questa o a quella frase degli avversari per smontarla.

In tutti i casi il mantra del “cambiamento” e del “tutto cambierà” è stato recitato più volte, ma bisogna riconoscere senza la iattanza dei Cinque Stelle tipo Taverna e Crimi che sono intervenuti nel dibattito d’Aula. In più il tifo da stadio per i discorsi del presidente e dei parlamentari di Lega e Pentastellati è stato tanto scomposto che alla fine la stessa presidente del Senato ha dovuto richiamare ad un minimo di rispetto della decenza istituzionale.

Poiché non si è toccato il tasto delicato di come si finanzierà il cambiamento che vuole essere radicale, rimane l’incognita di cosa realmente si tenterà di fare da parte del governo e di conseguenza non è possibile prevedere se questo avrà ricadute e di quale peso sulla tenuta dell’esecutivo. I ministri tecnici più autorevoli (Tria, Moavero Milanesi, lo stesso Savona) si sono tenuti alla larga dall’orgia di dichiarazioni sui loro progetti.

Conte non è riuscito a cancellare l’impressione di essere fortemente condizionato da Salvini (debordante) e da Di Maio (più composto), ma non ci vorrà molto per capire se si tratta solo di un effetto rodaggio o se quella sarà la sua modalità di marcia. Qualche tentativo di mostrare un volto responsabile e moderato l’ha fatto (omaggio alla senatrice Segre, toni pacati, condanna dell’assassinio del giovane del Mali nella piana di Gioia Tauro), ed è giusto riconoscerlo.

Le due opposizioni, quella di Forza Italia e quella del PD, si sono fatte sentire. Le critiche del partito berlusconiano sono state puntute e hanno toccato questioni delicate come quelle sulla giustizia, che nel “contratto” non sono davvero trattate in maniera appropriata. Per il PD di fatto ha parlato come leader Renzi con un discorso molto abile, mostrando che conserva una ottima padronanza dell’oratoria politica. Il fatto è che in questo caso ha messo in evidenza la sua capacità superiore di tenere la scena cosa che creerà problemi negli equilibri del suo partito. Del resto non ha certo rivali in grado di sfidarlo sulla sua sinistra: il discorso del senatore Grasso per LeU è stato un compitino insipido.

Come si diceva, l’ottenimento della fiducia era previsto e non ci sono state sorprese. La questione è quanto reggerà un governo di questo tipo. Certo se dura avrà ragione Renzi che ha preconizzato che non si è di fronte alla momentanea confluenza di due forze che poi competeranno fra loro per la primazia, ma ad una stabile alleanza che segnerà l’egemonia del populismo italiano.

Siamo però sempre alle prime battute di un’avventura ancora difficile da decifrare. Bisognerà vedere se nel governo prevarrà il realismo degli apparati o la volontà di uomini che rimangono sempre leader dell’agitazione ansiosi di compiacere i propri pasdaran. Altrettanto si dovrà capire quale partita giocano le opposizioni, soprattutto il PD, che deve resistere alla tentazione di ripetere le pantomine del tempo di scontri fra pro e anti Berlusconi (tenendo conto che su quel terreno cercano di spingerlo tanto dall’estrema sinistra, quanto dalla destra di governo).

Renzi nel suo intervento ha voluto sottolineare che il suo partito non ha in mente opposizioni fondate sulla caciara come sono state quelle leghiste e grilline contro i governi PD. Saggia intenzione, purché sia capace di costruire per questa strategia un ambiente dentro e fuori il parlamento consono con questa ambizione. E non è cosa che gli riesca facile.

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