Il conto di Mammona

È un'umanità dolente quella che anima Rimetti a noi i nostri debiti, primo film italiano distribuito in esclusiva sulla piattaforma mondiale Netflix ad inizio maggio.

Diretto da Antonio Morabito e interpretato con la consueta maestria da Claudio Santamaria e Marco Giallini, il film narra la storia di Guido, ex tecnico informatico licenziato dalla ditta in fallimento. Perso l'ennesimo lavoro precario come magazziniere, decide di mettersi al servizio della finanziaria che gli ha fatto credito per estinguere, con il suo tempo e il suo lavoro, il debito che lo attanaglia.

A fargli da guida è Franco, che dopo un'esperienza fallimentare simile alla sua è diventato esperto nel recupero crediti. L'esattore lo conduce con cinismo a percorrere i vari passi per avere ragione dei debitori: riconoscerli, tormentarli, farli vergognare fino a malmenarli per convincerli a pagare.

Inizialmente quasi affascinato da un modo di vivere che gli permette di dare sfogo alla sua rabbia, presto Guido scoprirà che il suo accordo con il diavolo ha costi inaspettati, e sarà costretto ad una scelta.

Supportato da una fotografia che disegna con nitida capacità quadri drammatici, sottolineati spesso da una colonna sonora che pervade la scena, Rimetti a noi i nostri debiti è un racconto impietoso di un’Italia di cui molto si parla ma che poco si vede, quella della crisi, del precariato, della solitudine, che si consuma in orizzonti urbani incapaci di andare oltre. Il film si regge quasi completamente sulle personalità dei due protagonisti, di cui sappiamo poco o niente, se non quello che si confidano l’un l’altro.

Franco appare come il vincente, quello che la crisi l'ha superata cavalcandola. La sua totale mancanza di rispetto per il prossimo stride con un quadro familiare apparentemente idilliaco e con una fede strumentale, che gli permette di confessare una parte dei suoi peccati e di ricevere l'assoluzione recitando un Padre nostro: parole pronunciate e non vissute che svelano la sua ipocrisia, di cui in fondo è dolorosamente consapevole.

Guido è pieno di dolore e rabbia, ma non ha perso del tutto la speranza. Oltre il quotidiano whiskey al bar è ancora capace di aggrapparsi allo sguardo timidamente interessato di Rina, che vuole andare lontano da un'Italia dove non si sente a casa e che minaccia di rubarle il sorriso, e di provare affetto per il vecchio professore suo vicino di casa, che prova con le strategie del biliardo a spiegare le trappole di un sistema che sembra condannare il Paese a soccombere alle potenze finanziarie mondiali.

“Per stare dentro il sistema devi avere un po' di sistema dentro di te”, forse è proprio questa ambigua battuta del professore a fornire la chiave di lettura di un finale che lascia con l'amaro in bocca: nonostante tutto, ognuno di noi è ancora libero di scegliere quanto spazio dare dentro di sé ad un sistema che distrugge la nostra umanità.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina