La rivincita della lucertola

Parla il ricercatore del Muse, Massimo Bernardi dopo la scoperta del fossile “madre” di tutti gli squamati, lucertole e serprenti

“Questa scoperta ci dà finalmente l'occasione di parlare anche di lucertole, e non sempre e solo di dinosauri, a conferma dell'alta diversità della vita alle nostre spalle…”

Annuisce e sorride il paleontologo trentino Massimo Bernardi quando parliamo di “rivincita della lucertola”, vedendola ritratta sulla copertina dell'importante rivista “Nature” com'era 250 milioni di anni, prima della più profonda estinzione di massa della storia. Giovedì scorso il fossile ritrovato in val Pusteria nel 2000 ed ora “retrodatato” di 75 milioni di anni è stato al centro di una conferenza stampa dalle grandi occasioni. Col direttore del Muse Michele Lanzinger a sottolineare “quella ricerca di base che vede il Muse collegato costantemente con i più importanti centri mondiali” e l'assessore Mauro Gilmozzi a evidenziare il contributo del progetto Dolomiti Unesco a questa ricerca scientifica che evidenzia la peculiarità del nostro ambiente.

Dott. Bernardi, cosa vuol dire il fatto che questa minuscola Megachirella watchleri è stata definita “la madre di tutte le lucertole”?

Vuol dire che d'ora in poi quando prenderemo in mano una lucertolina in un prato del nostro Trentino, potremo finalmente immaginare anche com'era fatta la nonna di sua nonna, la prima rappresentante di questo gruppo, gli squamati, che comprendono appunto rettili e serpenti. Sulla base di questi nuovi studi interdisciplinare, Megachirella ci consente di calcolare come questi organismi si sono evoluti, di collegarli alla grande storia della vita e capire come reagiscono ai cambiamenti ambientali.

Per 18 anni questo fossile non aveva detto nulla. Come mai?

C'era bisogno di molta tecnologia in 3D (abbiamo collaborato col Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste e il Centro Fermi di Roma ed Elettra – Sincrotrone Triestte) e molto tempo a disposizione per studiare anche i minimi dettagli del fossile. Con un team internazionale di competenze molto diverse (studiosi di Canada, Polonia, Australia e Stati Uniti) abbiamo potuto esaminare questo fossile molto piccolo, estraendolo virtualmente dalla roccia. Con la potenza dei nostri calcolatori collegati assieme per analizzare una mole imponente di dati abbiamo potuto collocarlo con precisione nell’albero della vita.

Che succederà ora, quali prospettive si aprono?

Ora che sappiamo di avere sott'occhio uno dei più importanti resti fossili mai rinvenuti nel nostro Paese, diventerà un riferimento per i paleontologi e per tutti coloro i quali studieranno o racconteranno l'evoluzione dei rettili. Megachirella è una sorta di Stele di Rosetta, una chiave per la comprensione di una vicenda evolutiva che ha condizionato per sempre la storia della vita su questo pianeta. Oggi il nostro pianeta è abitato da circa 10.000 specie di lucertole e serpenti, quasi il doppio delle specie di mammiferi. Nonostante questa diversità, fino a ora, l'origine e le prime fasi dell'evoluzione di questi rettili erano rimaste avvolte nel mistero.

Cosa ha provato al termine di questi studi?

La gioia di contribuire ad uno sforzo imponente alle nostre spalle; da centinaia di anni gli studiosi cercano di capire la composizione delle rocce e analizzano il fossile. Il momento del nostro eureka deve tener conto del patrimonio che gli scienziati precedenti ci hanno lasciato.

Ma possiamo pensare di trovarne altri di fossili così?

Penso proprio di sì. Non sono molto i luoghi del mondo con le caratteristiche uniche delle nostre Dolomiti. Queste rocce “registrano” molto bene – in pochi chilometri in una singola vallata – la fase del triassico e gli eventi di estinzione di massa che hanno segnato la storia della vita nel nostro pianeta.

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