Ape, tutela di “Carta”

Il prezioso insetto è a rischio, ricordano la comunità scientifica e gli apicoltori, lanciando da San Michele all’Adige un appello… che non vuole restare solo sulla carta

L'ape “che si dondola beata” e “viene chiamata… la pensionata” c’è solo, per buona sorte, nel fortunato testo scritto per la 19a edizione dello Zecchino d’Oro, quella del 1976, dal grande paroliere Luciano Beretta (autore, tra l’altro, di brani come "La coppia più bella del mondo", "Nessuno mi può giudicare" e "Il ragazzo della via Gluk", e vincitore di ben cinque edizioni del notissimo concorso della canzone per bambini). Perché se le api dovessero davvero andare in pensione, nel giro di pochi anni andrebbe in fumo la ricca diversità di specie viventi che conosciamo e con essa, molto probabilmente, anche noi esseri umani faremmo una brutta fine.

Un insetto tanto piccolo ha un peso così grande nei delicati equilibri naturali!

Per ricordarlo, con forza, all’opinione pubblica e ai decisori politici un bel gruppo di autorevoli esponenti della ricerca scientifica e di personalità di rilievo del mondo dell’apicoltura e dell’ambientalismo, italiano e non solo, ha messo nero su bianco un corposo documento, pensoso e ponderato, scientificamente inoppugnabile. E’ nato così l’appello presentato e sottoscritto martedì 12 giugno a San Michele all’Adige presso la Fondazione Edmund Mach. La “Carta di San Michele all’Adige” vuole ricordare alle amministrazioni politiche l’urgenza di tutelare adeguatamente l’ape mellifica e in particolare la biodiversità delle sottospecie autoctone italiane. Delle 31 sottospecie di Apis mellifera esistenti nel mondo, ben 4 sono presenti in Italia: la ligustica, la siciliana, la mellifera e la carnica. Ma è tutta l’area del Mediterraneo ad esprimere, per la sua grande varietà di ambienti, la maggior diversità all’interno di questa specie. Una serie di fattori ha però fortemente impoverito nell’ultimo secolo e mezzo il patrimonio genetico delle api e causato un preoccupante declino di questo insetto che, pur usato dall’uomo da millenni per l’apicoltura, non va considerato alla stregua di un animale domestico.

“Questo documento è un consensus paper scientifico, pone un problema e delle soluzioni per la tutela di un patrimonio genetico la cui perdita non impoverirebbe solo l’apicoltura, ma tutta l’agricoltura. Come Fondazione Mach siamo molto contenti che sia stato firmato proprio a San Michele all’Adige, sia perché il nostro Istituto agrario, che oggi è la Fondazione Mach, vanta una lunga tradizione nell’apidologia, sia perché con i nostri ricercatori abbiamo fatto da catalizzatori per giungere alla stesura di questo importante appello”, osserva il prof. Andrea Segrè, presidente della Fondazione.

“La prima malattia dell’ape è l’uomo. E’ una questione di rispetto e di convivenza. E in questo gioca un ruolo importante la pianificazione territoriale. Questa Carta è un passo per un maggior benessere collettivo. Rappresenta un approccio globale al problema del mantenimento di un elemento essenziale del nostro ambiente e della nostra agricoltura: l'ape; strumento di progresso, di diversità, indicatore ambientale di qualità e di benessere”, afferma l’assessore provinciale all’agricoltura, Michele Dallapiccola.

“L’appello è quanto mai necessario – ricorda Paolo Fontana, entomologo della Fondazione Mach e presidente della World Biodiversity Association, nonché paziente tessitore (“catalizzatore”, dice) tra i vari soggetti firmatari – perché le api ci testimoniano tante problematiche ambientali: i cambiamenti climatici, l’inquinamento da agrofarmaci, le modificazioni del paesaggio. La biodiversità delle api è fondamentale per il benessere dell’ambiente e la produttività dell’agricoltura”.

La “Carta di San Michele all’Adige” – sottoscritta da esponenti del mondo accademico, entomologi, ricercatori, certificatori della biodiversità, apicoltori – sarà ora sottoposta alla società civile, alla politica e alle istituzioni nella speranza che siano avviate azioni concrete e vengano introdotte norme specifiche per tutelare l’ape quale componente della fauna selvatica. Il convegno che è seguito alla firma della “Carta” ha offerto proposte operative per la salvaguardia delle popolazioni autoctone di ape e ha lanciato una petizione popolare su queste stesse proposte. Non si parte da zero. Una bella spinta per la tutela della biodiversità l’ha data la Risoluzione del Parlamento europeo del primo marzo 2018 sulle prospettive e sulle sfide per l’apicoltura in Europa, che invita gli Stati e le regioni a “proteggere con ogni mezzo le specie locali e regionali di api mellifere” dall’espansione indesiderata di specie esotiche. Ma la gravità della situazione, sottolinea la Carta di San Michele all’Adige, è tale da rendere oggi più che mai urgente la stesura di norme ad hoc chiare che tengano conto della selvaticità dell’ape (e delle sue sottospecie) e siano capaci di proteggere sia le ormai rarissime colonie presenti allo stato naturale sia quelle negli alveari mantenuti dall’apicoltura.

Il documento pone anche l’accento, in toni preoccupati, sul fenomeno, relativamente recente, della diffusione di api selezionate come ibridi commerciali, poco stabili.

Tra le strategie di tutela, il documento individua la necessità di definire un database nazionale del patrimonio di Apis mellifera, di rafforzare la ricerca, di favorire “politiche volte a minimizzare la perdita di habitat e rendere i paesaggi agricoli bee-friendly” (amici delle api). Azioni, come si intuisce facilmente, che richiedono l’attenzione e gli sforzi delle amministrazioni pubbliche.

Una curiosità: tra il pubblico del convegno, composto da accademici e da apicoltori, oltre che da funzionari dell’amministrazione pubblica, c’era una bimbetta di una decina d’anni, accompagnata dal papà, apicoltore per diletto nel comune di Predaia: “Lavoro in fabbrica a Trento, mi sono preso un giorno di ferie per accompagnare la figlia, che si è appassionata al mio hobby, è curiosa e attenta, anzi, proprio innamorata del meraviglioso mondo delle api“, ci dice papà Osvaldo con orgoglio. La stessa passione che traspariva dagli interventi di molti relatori e che fa ben sperare perché la Carta di San Michele non resti soltanto… un pezzo di carta. “Oggi – conclude Segrè – aggiungiamo un piccolo tassello a un percorso lungo, ma che porterà a maggior tutela della nostra biodiversità”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina