Gaza, l’invisibile invivibile

A Gaza – questa Striscia di terra abitata dai palestinesi, circa due milioni, assiepati come sardine in un territorio piccolissimo – i venerdì di protesta e di sangue si susseguono nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale (ma ora, finalmente l’Onu, si riunisce vista l’estrema urgenza della questione).

Da una parte, una popolazione alla disperazione, formata in grandissima parte di giovani senza prospettive di lavoro e di vita, che al quinto o sesto o settimo venerdì della “Grande Marcia del Ritorno”, a ridosso delle linee di separazione con Israele, vuole farsi sentire (in modo pacifico, per la maggior parte). Qualche bottiglia incendiaria c’è da parte di qualcuno, ma si tratta di sporadici episodi, mentre la stragrande maggioranza di chi protesta lo fa con grida e canti e lancio di volantini e di aquiloni verso le postazioni israeliane. Perché allora i numerosi morti (ogni venerdì ce ne sono diversi, da Mohammed Ayoud, 15 anni, a Ahmad Abu Aqel, 25 anni, disabile, che era già stato ferito dall’esercito israeliano; e poi la giovanissima infermiera Razan al Najjar, in prima fila per soccorrere i feriti, uccisa da un cecchino israeliano)? Perché i moltissimi feriti, e feriti in modo grave stando a quanto riferisce lo staff locale di “Medici senza frontiere” (Msf)? E’ fin troppo evidente l’enorme sproporzione delle “forze” in campo: un esercito tra i più potenti al mondo contro una massa di giovani disperati.

Nel frattempo il blocco di Gaza continua inesorabile. Nel piccolo territorio palestinese della Striscia ormai manca tutto. La sanità è al collasso, i pochi ospedali sono stracolmi di pazienti e ne arrivano in continuazione. L’elettricità manca per diverse ore al giorno e della notte. I beni di prima necessità scarseggiano dopo che il valico di Rafah ha chiuso forzosamente di nuovo. La disoccupazione giovanile a Gaza tocca punte del 70% e questo rende i ragazzi e i giovani disperati, letteralmente senza speranza alcuna. Molti di questi giovani, ora uomini, ricordano Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso nella Striscia di Gaza nella primavera di sette anni fa, e quella sua esortazione: “Restiamo umani!”. La gente di Gaza non lo ha dimenticato. Un ulivo, piantato in suo ricordo, è lì ben saldo e frondoso a raffigurare la sua tenacia e il suo impegno; insieme al poliambulatorio per i bambini, un dono che gli amici italiani di Vittorio, e non solo, hanno voluto per curare le ferite e lenire le sofferenze dei più innocenti. Marwan Barghouti, carismatico leader palestinese condannato all’ergastolo dalle autorità israeliane, sprona i palestinesi a superare le divisioni tra Fatah e Hamas.

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