Papa Bergoglio, ancora una sorpresa. I primi cinque anni di pontificato in un’analisi approfondita

La vera novità, secondo Gerolamo Fazzini e Stefano Femminis, è la proposta francescana del Vangelo sine glossa

somm2: “L'augurio ora è che lo stile di Francesco diventi prassi di tutte le comunità”

Sorprendentemente innovativo, a partire dalla scelta del nome e di vivere a Casa Marta, dalla richiesta "pregate per me" e dalla capacità comunicativa che si esprime in gesti e parole mai banali, usando un linguaggio semplice e diretto. Il presidente dell'Ucsi Giustino Basso ha tratteggiato così la figura di Papa Francesco introducendo "Francesco, il papa delle prime volte" (San Paolo, 2018), il volume presentato dagli autori Gerolamo Fazzini e Stefano Femminis in dialogo con il direttore Diego Andreatta, in un incontro promosso da Arcidiocesi, Vita Trentina e Ucsi (Unione stampa cattolica) giovedì scorso al Vigilianum.

Tra i moltissimi libri sul Papa, questo esplora le novità portate da Francesco, primo pontefice argentino e gesuita, attraverso un approfondimento che si avvale del contributo di più voci – da Luigi Accattoli a Elisabetta Piqué, da Andrea Riccardi, ad Antonio Spadaro e Luis Antonio Tagle -, arricchito dalla prefazione di padre Federico Lombardi, componendo con sguardo costruttivo il ritratto di un Papa protagonista di un inedito stile evangelizzatore. Se nei primi cinque anni del pontificato ogni parola e atto ha suscitato grande attenzione mediatica per la sua novità, il libro invita a non trascurare il valore dell’azione “ordinaria” costantemente dedicata all’annuncio del Vangelo.

Il 13 marzo 2013 voi avete subito intuito chi era il Papa appena eletto: qual è la sorpresa delle sorprese di Francesco?

Femminis: Pochissimi lo conoscevano, raramente rilasciava interviste da vescovo. Ha iniziato subito a dire parole che stupiscono e compiere gesti inediti e le prime volte si sono accumulate: le abbiamo ordinate per importanza perché il rischio è che non ne rimanga nulla, mentre invece suo desiderio è che producano un cambiamento concreto nella vita delle comunità cristiane e della Chiesa. La novità radicale di Bergoglio è ben espressa dalle parole del cardinale Tagle (arcivescovo di Manila): “Francesco ci sorprende perché Dio lo sorprende”. Il Papa ha la capacità di trasmettere il suo essere in costante ascolto del Vangelo, anche per gli altri è sempre stato il punto di riferimento, ma per ragioni storiche, negli ultimi due pontificati c’era bisogno di riaffermare in modo più netto la dottrina della Chiesa, ora, partendo da questa base certa, Francesco può dedicarsi alla riscoperta del messaggio radicale del Vangelo, è questa la novità maggiore.

Fazzini: Abbiamo ripercorso le novità introdotte dando rilievo a ciò che ha valore, per esempio la decisione di fare della memoria liturgica di Maddalena una festa ha avuto un significato profondo all'interno del Giubileo della misericordia. E si trattava perciò di ricollocare le sue decisioni nella giusta cornice, considerando le dimensioni che costituiscono la sua identità: è il primo Papa argentino e gesuita, e ha scelto di chiamarsi Francesco, un'indicazione di rotta perentoria. Il suo essere argentino emerge nel radicamento nella teologia del popolo, all'interno della teologia della liberazione: i preti scelti per andare nelle periferie di Buenos Aires incarnano questa teologia, sostengono la devozione popolare come base della lotta per i diritti sociali e contro i narcotrafficanti. Bergoglio è nato in una metropoli come Buenos Aires e le questioni che più gli stanno a cuore – poveri, esclusi, scartati, sfruttati – sono quelle con cui si misura da sempre, fanno parte della sua storia: la Chiesa in uscita deve riconfigurarsi a partire da qui. È stato il primo a scrivere un documento sul Creato quale casa comune e la scelta del nome è appunto un costante richiamo a non dimenticarsi dei poveri, a essere ambasciatori di pace e occuparsi dei temi ambientali.

Per voi quale "prima volta" è destinata a durare nel tempo?

Femminis: Vedere Francesco in ginocchio, che si confessa pubblicamente in S.Pietro, è un'immagine che mi ha colpito molto, in essa vi è una certa desacralizzazione della figura del papa da lui proposta fin dalla sera in cui, appena eletto, ha chiesto di pregare per lui e il suo inchino è stato un abbassarsi per innalzare il popolo a Dio ed elevarsi insieme: si propone come uomo vicino a noi, con un atteggiamento familiare che toglie distanza e formalità al rapporto, e questo è un tratto della spiritualità gesuita. Da essa discendono alcuni temi chiave, come quello delle periferie, del dialogo e del discernimento.

Fazzini: Mi colpisce il suo dire che è un peccatore, si è autodefinito così in molti contesti: è riconoscersi uomo, accomunato agli altri dal poter sbagliare, ed errori ce ne sono stati, per esempio nella scelta di alcuni collaboratori e nella questione riguardanti i preti accusati di pedofilia in Cile, quando disse che non c'erano prove, poi invece ha accolto le vittime degli abusi e le dimissioni in blocco di tutti i vescovi cileni. Definirsi peccatore significa allora ammettere di essere una persona che sbaglia, ma che sa ripartire, e con il suo essere capace di cambiare chiede alla Chiesa di fare altrettanto.

I detrattori del Papa evidenziano che proprio la sua umanità, il suo dire "chi sono io per giudicare?", gli toglie autorevolezza morale e dottrinale: non si presenta come riferimento sicuro, lasciando spazio al relativismo.

Fazzini: Quella frase ha avuto un eco enorme ma certe risposte date dal Papa alle domande che gli vengono fatte durante le conferenze stampa che si svolgono in aereo, quando rientra dai suoi viaggi, vanno contestualizzate. C'è chi sostiene che Bergoglio voglia cambiare anche la dottrina, ma non è un teologo, è un papa che lavora sullo stile e sul linguaggio.

Femminis: Il tema del relativismo è cruciale, si tratta di capire cos'è la verità: per Francesco è una relazione ed è camminando nella storia che è possibile capire la volontà di Dio. La verità non è qualcosa di dato, immodificabile, Dio ci chiama in ogni tempo a capire quello che chiede. Il Papa non ha un piano prestabilito, vive ascoltando lo spirito, e questo fa paura, destabilizza, provoca critiche. In questo suo modo di essere leggiamo invece la chiamata a essere cristiani maturi, senza aspettare che qualcuno ci dica cosa dobbiamo fare. È quello che chiede Gesù invitandoci alla conversione, che è la stella polare del pontificato: Francesco in un'intervista ha dichiarato che vuole mettere al centroCi stu Gesù Cristo, poi la riforma verrà da sé.

Fazzini: Alla base delle resistenze nei suoi confronti c'è un altro elemento: proponendo l'immagine della Chiesa in uscita ha capovolto il nostro immaginario: non siamo più le 99 pecore al sicuro all'interno del recinto, che vanno a cercare l'unica che si è persa, siamo l'unica rimasta dentro mentre tutte le altre sono fuori e a ciò si lega l'idea altrettanto destabilizzante della conversione perenne, dell'essere chiamati ogni giorno a ripartire da capo.

È possibile che lo stile di Francesco diventi quello della Chiesa? La novità di stile suscita attesa rispetto a possibili novità dottrinali: è una previsione legittima?

Fazzini: Mi auguro che lo stile diventi prassi, qualcosa si è già mosso: il Giubileo della misericordia ha lasciato un'eredità stabile, la Giornata dei poveri, a metà novembre, segno concreto di quanto l'attenzione al tema dei poveri debba orientare le iniziative della comunità cristiana. Poi Francesco ha nominato cardinali provenienti da sedi insolite e ora nel collegio cardinalizio sono rappresentati 60 Paesi, all'insegna della volontà di costruire una Chiesa sempre più universale.

Femminis: Stile e dottrina sono legati. Occorre tempo per introdurre cambiamenti dottrinali, ma Francesco sta preparando il terreno rompendo alcune rigidità, e mettendo in discussione modi di pensare ci sta abituando a essere cristiani più responsabili. Sta puntando sulla collegialità, sullo strumento dei sinodi, mettendo le basi per una maggiore condivisione e confronto di idee, e aver iniziato a parlare di una commissione sul diaconato femminile è già un passo in avanti nell'ottica di riconoscere alle donne ruoli che contribuiscano all'espressione della dimensione femminile della Chiesa.

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