Un genetista geniale in molti campi

Il suo merito: fare ricerca e sperimentare coltivazioni che all’epoca erano fonte indispensabile di sostentamento o andavano migliorate nella qualità

“Rebo Rigotti storia di un grande genetista trentino“ è il titolo della tesi che il giovane Andrea Morelli di Padergnone ha presentato all’esame di maturità tecnica dello scorso mese di luglio a conclusione del corso di enotecnico presso il Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Mach.

L’elaborato è frutto di un intenso ed impegnativo lavoro di ricerca non solo bibliografica, ma anche di raccolta di testimonianze che l’autore ha svolto sotto la guida di Paolo Facchini, docente di viticoltura. La completezza dell’elaborato si evince scorrendo l’indice dei tre capitoli principali: il personaggio, la Carta Viticola del Trentino, attività di sperimentazione.

Rebo Rigotti è nato a Padergnone (Valle dei Laghi) l’11 luglio 1891 da un’agiata famiglia contadina. Nel 1907 iniziò a frequentare la Scuola Agraria biennale di S. Michele a/Adige. Dopo il 1909, concluso il biennio con la qualifica di esperto rurale, Rigotti si dedicò al lavoro nell’azienda paterna.

Tra il 1919 e il 1921 si occupò di danni di guerra nelle campagne del Trentino per conto dell’Ufficio del Genio Civile di Rovereto. Nel 1921 collaborò con la Stazione sperimentale agraria di S. Michele in qualità di ispettore delle cantine della Venezia Tridentina. Nel 1928 conseguì il diploma di perito agrario presso la Scuola superiore per la viticoltura ed enologia di Conegliano Veneto (Treviso). Dal 1928 al 1930 fu a fianco di Giulio Catoni quale assistente presso l’Osservatorio fitopatologico del Consiglio provinciale dell’economia corporativa.

Nel 1930 vinse il concorso per direttore dei Vivai viticolo-pomologici del Consiglio Agrario provinciale di Trento. Nel 1936 venne assunto come sperimentatore alla Stazione agraria sperimentale di S. Michele diretta dal prof. Enrico Avanzi del quale divenne primo ed unico coadiutore, occupandosi soprattutto di genetica pratica applicata ad un ventaglio ampio di coltivazioni arboree, arbustive ed erbacee.

Dopo la partenza da S. Michele del prof. Avanzi, chiamato ad insegnare a Pisa (1941), Rebo Rigotti continuò il suo lavoro solitario fino al pensionamento (1959).

Il metodo di lavoro

Nell’impostare il suo lavoro di genetista in buona parte autodidatta, Rebo Rigotti aveva idee chiare sugli obiettivi che voleva raggiungere tramite incrocio o ibridazione all’interno di una specie o tra specie diverse, ma partiva da un numero elevato di varietà o specie di piante donatrici e recettrici di polline. Affidandosi alla probabilità e alla fortuna. E’ questo il motivo principale della grande, ma talora sfortunata disparità tra un numero elevatissimo di prove e quello dei risultati ottenuti. Si deve anche tenere conto che, lavorando da solo, Rebo Rigotti non ha molto spesso potuto, anche per mancanza di finanziamenti, seguire le sue creature nella fase successiva all’ottenimento che consiste nel mettere a dimora le nuove piante nate da incrocio o ibridazione in terreni diversi per valutarne i risultati.

A Rebo Rigotti va tuttavia riconosciuto il merito di avere scelto come oggetto di ricerca e sperimentazione coltivazioni che all’epoca erano fonte indispensabile di sostentamento (patata, frumento, altri cereali di montagna) o abbisognavano di guadagnare posizioni nella scala della qualità (vite, melo, pesco, albicocco, ecc.).

Esperienze e ricerche

Una documentazione completa del suo lavoro si trova nel volume “Esperienze e Ricerche”, relazioni tecniche sull’attività sperimentale svolta dal 1947 al 1954. Uno spaccato essenziale è contenuto in un volumetto stampato nel 1990 intitolato “Rebo Rigotti, una vita per la sperimentazione in agricoltura” curato da Italo Roncador e altri ricercatori della Stazione sperimentale.

La Carta Viticola

La Carta Viticola della Provincia di Trento, frutto della collaborazione tra Stazione sperimentale (Rebo Rigotti) e Comitato Vitivinicolo Trentino della CCIAA di Trento (Ferdinando Tonon), iniziata nel 1950 e conclusa nel 1953, ha rappresentato una guida pratica per quanti (tecnici, viticoltori ed ente pubblico) hanno operato nell’impostare la viticoltura trentina del secondo ‘900.

Il territorio provinciale in rapporto alla giacitura geografica ed altimetrica delle aree vitate è stato suddiviso in 5 zone: zona di piano o fondovalle (fra 80 a 250 m. s.l.m).; zona di mezza collina (fra 200 e 300 m. ); zona di collina (fra 200 e 500); zona di altipiano (fra 400 e 500 ); zona di mezzacosta o di mezza montagna (fra 500 e 900m. s.l.m.).

Nel territorio viticolo di ogni comune sono individuati i diversi tipi di terreno ed i vitigni coltivati che figurano delimitati a colori e segni esplicativi nelle relative carte topografiche dei terreni e dei vitigni.

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