Un governo di annunci

L’elenco di giravolte e di annunci su vari “cambiamenti” in vista (dalla nazionalizzazione delle autostrade alla chiusura festiva dei negozi) potrebbe facilmente espandersi

La vecchia battuta “si sparli di me purché si parli” sembra essere il faro del governo giallo-verde che non cessa di tenere il centro della scena con rappresentazioni ed annunci. La vicenda della comunicazione dei giudici a Salvini circa l’apertura di una inchiesta a suo carico è emblematica. Prima una vera e propria sceneggiata sui social, con il ministro che, nel suo ufficio al Viminale (!), apre e legge la lettera con l’avviso dell’apertura dell’indagine, con sorseggiata di bibita a dimostrare il suo distacco e attacco ai giudici perché lui è eletto dal popolo e loro no. Poi dietrofront e affermazione che lui rispetta i giudici e non si sente al di sopra della legge. Infine, poiché Di Maio cerca di rubargli la scena affermando che il ministro degli Interni c’ha ripensato dopo una sua telefonata, ennesimo siparietto per spiegare che no, Salvini di telefonate non ne ha ricevute e fa tutto di testa sua.

Ovviamente Di Maio si è ben guardato dal chiarire se la famosa telefonata era avvenuta o se l’aveva inventata: tanto, che importanza ha? Il fine è fare teatrino politico.

Così va un po’ su tutto. La vicenda dei vaccini è stata un andirivieni patetico, dimostrando quanto si corra dietro alle mode, prima in un verso e poi in un altro, e poi tornando al punto di partenza. Naturalmente in quel caso l’opposizione ha fatto la cosa più stupida che potesse fare, correndo a sbandierare che era riuscita da imporre alla maggioranza la prima marcia indietro, col risultato che, come era da aspettarsi, la maggioranza ha dovuto cambiare di nuovo atteggiamento per non dare un vantaggio all’opposizione.

Si dirà che tutto fa parte del normale gioco politico, ma non è vero: anche in politica non c’è alcun obbligo di essere incoerenti e ondivaghi. Del resto la babele di lingue nella compagine governativa è all’ordine del giorno. Il presidente Conte dichiara che non si faranno nazionalizzazioni e il giorno dopo l’ineffabile ministro Toninelli fa sapere che si sta predisponendo un dossier per nazionalizzare Alitalia: ovviamente, dato che siamo in Italia e tutto va fatto e non fatto, col concorso dei privati. Dove troveranno i soldi gli uni e gli altri non è chiaro, ma non è che valga la pena di perdere tempo per queste bazzecole.

L’elenco di giravolte e di annunci su vari “cambiamenti” in vista (dalla nazionalizzazione delle autostrade alla chiusura festiva dei negozi) potrebbe facilmente espandersi, ma ormai ne sono tutti abbastanza consapevoli. Quel che potrebbe stupire in questo contesto è che invece i dati che provengono dalla Borsa siano piuttosto buoni.

Occorre essere cauti nel considerare la Borsa come un indicatore esaustivo della situazione economica. Quello è pur sempre il campo della speculazione, del “gioco” al rialzo o al ribasso con ondulazioni continue. L’economia reale non coincide completamente e in quest’ambito le cose non vanno tanto bene, perché una capacità nostra di attrarre capitale di investimento ancora non si vede in misura adeguata. Tuttavia anche l’andamento di borsa e spread va tenuto nel debito conto.

Dunque perché su quel terreno oggi va meglio, quando non molto tempo fa c’erano nubi minacciose? La spiegazione più plausibile è che i mercati prima si sono spaventati per gli annunci bellicosi del nuovo governo, ma poi hanno cominciato a capire che era tutta una commedia all’italiana: di quel che si annunciava si sarebbe poi realizzata una minima parte e con tutto il gradualismo possibile. Il ministro Tria lo ha spiegato pacatamente e usando tutti gli ammorbidimenti possibili: si farà tutto quel che è previsto nel contratto di governo ma con calma e a piccoli passi. Così per esempio il reddito di cittadinanza si dirà di farlo, ma sarà un piccolo sussidio di povertà (pare 300 euro al mese) per una quota ristretta di aventi diritto. In futuro, ci si affretta a far sapere, sarà ovviamente tutta un’altra cosa. Discorso pressoché uguale per la flat tax.

E’ chiaro che gli investitori finanziari, che oggi hanno strumenti per disimpegnare i propri capitali in tempi rapidi, per adesso stanno a vedere. E’ un sollievo perché pagheremo meno interessi sul debito, ma non risolve il problema di incentivare la nostra crescita economica che ha bisogno di capitali che si impegnino ad investire non nella finanza, ma nelle imprese, dove invece per attirarli ci vuole che ci sia molta fiducia nel futuro, perché lì i soldi fruttano col tempo e non si smobilizzano in poco tempo.

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