L’unità possibile? E’ vita e bellezza

Al Palalevico l'Happening 2018 aperto dai richiami dell'Arcivescovo Tisi: “C'è bisogno di relazioni fedeli”

“Per natura siamo portati all’unità e desideriamo essere parte di una vera comunità: la vita fiorisce quando è condivisa.” Si è aperto venerdì scorso con questa frase, scritta in occasione del New York Encounter 2018 “An Impossible Unity” (“Una Unità Impossibile”) l’ottavo Happening del Trentino, “Un’impossibile unità. E se fosse possibile?”.

Come ha spiegato per gli organizzatori Corrado Zavarise, “happening” sta a significare “qualcosa che accade”. E molto fitte sono state le tre giornata promosse dalle associazioni “Il Faggio” e “Nitida Stella” con tanti appuntamenti culturali che ruotavano attorno al tema dell’unità.

A sviscerare il tema di quest'anno, dopo la Messa d’apertura dell’”Happening”, è stato l’Arcivescovo monsignor Lauro Tisi. “Stavo pensando che 31 anni fa, proprio in questi giorni, iniziavo il mio incarico di cappellano a Levico. Con me sono arrivati anche 250 profughi dalla Polonia. 31 anni dopo, questo popolo ha chiuso le frontiere. Qualcosa fa pensare”, ha esordito Tisi.

Quando s’innalzano muri si spacca l’unità, e si fa esperienza di orrore. Tutto il contrario della “bellezza dell’unità”, il cui protagonista è Gesù di Nazaret lacerato sulla croce. La spiritualità cristiana, infatti, riconosce proprio nella devastazione del calvario la sorgente dell’unità, perché non tutte le lacerazioni sono uguali: alcune generano morte, altre riportano alla vita.

“Anche Giussani – ha ricordato Tisi – non vi ha proposto una santità fatta di perfezione, ma vi ha detto che la passione per Gesù è la vostra santità”. Si tratta quindi di una santità compatibile con le ferite di ognuno, che vanno riconosciute e perdonate.

La lacerazione del calvario, inoltre, è al centro dell’unità perché con essa Gesù insegna a mettere il volto dell’altro prima di noi stessi.

Dopo quest’evento di lacerazione che ha generato l’unità della Chiesa, la storia ha conosciuto, accanto alle devianze, un gruppo di testimoni che, grazie alla passione per Gesù, ha ricordato e riportato quest’unità, dedicando la propria vita agli altri.

“Sono affascinato dalla figura di padre Pino Puglisi che, quando venne assassinato, cambiò la vita del killer, che aveva 45 omicidi alle spalle, con un sorriso. Viene detto negli atti del processo”, ha raccontato l’arcivescovo.

È nella vita di ognuno, poi, che si può riscontrare il dolore della lacerazione. Un male che può rilanciare però riconsegnarci alla vita. Infatti, come diceva Sant’Agostino, alle volte la vita ci riporta all’intimità più profonda di noi stessi dopo un periodo in cui si è stati “fuori da se stessi”. In quell’interiorità, accanto alla solitudine, s’incontra anche Dio.

Ma c’è un percorso nell’unità che può essere compiuto solo nell’esperienza dell’incontro con l’altro, nella scoperta che siamo composti dai volti delle persone che abbiamo conosciuto, dalla comunità.

Come ha sottolineato una ricerca dell’Università di Harvard, l’uomo per star bene ha bisogno di relazioni fedeli. “Perché si cominciano a studiare queste cose?”, si è domandato Tisi, arrivando poi alla risposta che “Viviamo in un’epoca in cui c’è una nostalgia infinita di unità e di silenzio”.

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