“Serve un atto di coraggio da parte dei credenti”

Intervista a Elisa Faoro componente del Comitato parrocchiale di Siror, del Consiglio decanale e diocesano: “La nuova organizzazione chiede un’assunzione diretta di responsabilità da parte dei laici”]

[“La sfida che aspetta la Chiesa, come il singolo credente, è il coraggio della testimonianza, avendo come riferimento il Vangelo”

“La fase di preparazione dell’assemblea di zona deve essere l’occasione per riflettere sul ruolo dei laici dentro questa società, nella quale spesso le relazioni concrete stanno evaporando, complice lo sviluppo dei social media che si fa sentire anche nelle piccole realtà”. Elisa Faoro è convinta che questo sia il tempo di un rinnovato impegno delle Comunità parrocchiali per rimettere al centro soprattutto le relazioni.

Innanzitutto Faoro, come potrà cambiare il volto della Chiesa trentina con la nuova organizzazione pastorale?

Potrà cambiare se, per prima cosa, anche noi laici sapremmo andare incontro agli altri, secondo quel concetto, caro al nostro Arcivescovo, di Chiesa “in uscita”. È importante per questo riuscire ad essere realmente testimoni. Serve un atto di coraggio da parte dei credenti, chiamati a giocare le relazioni all’interno delle proprie opere. Credo che la nuova organizzazione possa essere, innanzitutto, una reale opportunità per rispondere a questo desiderio, proprio perché chiede un’assunzione diretta di responsabilità da parte dei laici.

Osservando oggi Primiero, quali contesti si trova a vivere la comunità cristiana?

Diciamo subito che Primiero è da molto tempo terra di turismo, dove l’accoglienza e il rapporto con gli altri sono sicuramente un tratto distintivo di questa realtà, ma nonostante questo si riscontra una certa fatica a “costruire” una rete fra i soggetti dentro la comunità, una rete autentica che possa dare sostegno e supporto nell’affrontare le nuove sfide.

Come si immagina il ruolo della Chiesa che sappia dialogare con questo presente?

La sfida che aspetta la Chiesa, come il singolo credente, è il coraggio della testimonianza, avendo come riferimento il Vangelo. La Chiesa non può essere circoscritta dentro delle mura: deve tornare a fare testimonianza nelle strade del mondo come nelle nostre contrade, a fabbricare relazioni significative e vere.

Quali sono le difficoltà maggiori di questo approccio?

Sicuramente l’atteggiamento dilagante dell’io, al quale dovremmo contrapporre finalmente un “noi” per costruire un “modello nuovo” fatto di dialogo e di relazioni. Una prospettiva alla quale come cristiani non possiamo rinunciare. Per fare questo però ci si scontra oggi, ed è qui la difficoltà maggiore, con una società che va, troppe volte, nella direzione opposta, che è quella di promuovere l’individualismo ad ogni livello.

A Primiero, avete avviato una serie di incontri sull’Enciclica di Papa Francesco, Laudato Si’. Perché questa scelta?

Abbiamo ragionato a lungo, all’interno del Consiglio parrocchiale di Siror, sul come creare e promuovere la collaborazione fra gruppi e associazioni di tutto il Primiero e l’Enciclica di Papa Francesco ci è sembrato lo strumento che può sicuramente offrire importanti stimoli e riflessioni sulla responsabilità di ognuno nella salvaguardia del creato e della nostra casa comune. Negli incontri che, sono iniziati a settembre, presentiamo anche le “buone pratiche” che si stanno realizzando nella nostra realtà, nell’ambito del lavoro, dell’economia solidale, dell’agricoltura sostenibile, dell’accoglienza, chiedendo ai partecipanti di condividerle come bene comune.

Un modo concreto per cercare di fare rete…

Esattamente, proprio per questo nel corso degli incontri, ci dividiamo a gruppi di tre o quattro partecipanti, per riflette insieme e scambiare poi le idee con gli altri. Il sogno è anche quello che questi incontri possano aiutare a sviluppare nuovi “stili di vita”, a partire dal quotidiano.

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