“Superiamo il timore di essere giudicati”

“Il club per il ben-essere della nostra Comunità”. Questo il tema dell’interclub zonale dell’ACAT Primiero, Vanoi e Mis riunitosi lo scorso 19 ottobre alle Sieghe di Imer. Un incontro che si svolge annualmente per testimoniare la presenza e le esperienze di come sia possibile non rimanere prigionieri di una dipendenza, qualunque essa sia, mettendo di fronte i Club territoriali e la popolazione locale.

Hanno partecipato Susi Doriguzzi, presidente dell’ACAT Provinciale, Roberto Cuni, responsabile del Centro Studi ACAT di Trento, Alberto Crestani, responsabile del Centro Alcologia di Primiero, gli operatori sanitari dell’ASL e i rappresentanti di associazioni e gruppi giovanili. Assieme a loro autorità civili e religiose.

“I Club Acat – ha detto Gianfranco Furlan, presidente dell’ACAT di Primiero – a volte sembrano perdere energia. I membri che li frequentano sono sempre gli stessi, tra loro c’è sintonia e amicizia; ma da tempo non vi sono nuove entrate. Questo potrebbe essere un buon segnale, potrebbe voler dire che la dipendenza da sostanze alcoliche sia in netto calo e che i disagi conseguenti siano diventati molto rari…”. Purtroppo, però, la situazione reale non è così. Secondo gli ultimi rilevamenti, infatti, il consumo eccessivo di alcol è in netto aumento, soprattutto tra i giovani.

È diversa e più pericolosa anche la modalità di assunzione: la moda degli “shottini” (superalcolici diversi, in piccole quantità, da bere a ripetizione in un sol sorso) dilaga e le conseguenze sono davvero gravi sia dal punto di vista fisico sia psichico. E allora Furlan si chiede: “La moda acceca la volontà di mantenersi nel ben-essere, con vantaggio di se stessi e della società? Tanto da non sentire la necessità di una mano tesa per ritornare a vivere in salute e con dignità?”.

Gradualmente, stanno sorgendo anche i “Club di Ecologia Familiare” per affrontare altri tipi di fragilità. Al momento, però, sembra abbiano “il freno a mano tirato”. Nonostante le sofferenze esistano numerose, sembra esserci ancora molta esitazione a portare in superficie il problema. Le azioni di sensibilizzazione portate avanti fin qui non hanno ancora dato frutti maturi. “D’altronde – ha concluso Furlan – anche per noi il cammino iniziale è stato ostico: lo abbiamo detto più volte nelle nostre testimonianze quanto il timore di essere giudicati, anziché compresi e presi per mano, ci avesse in una prima fase fermati. Noi confidiamo che con il tempo questa sensibilità si liberi dalle paure e che i CEF possano nascere diventando strumenti preziosi per il Ben-essere della comunità intera”.

Al Club, le persone parlano di sé in una comunità che rispetta, ascolta, comprende, aiuta, stimola e incoraggia. Il condividere insieme le difficoltà quotidiane, il saper ascoltare le problematiche di tutti comporta il ritorno ad una vita serena, tranquilla dove regna la pace. Clou della serata sono state le testimonianze molto toccanti di alcuni partecipanti. “Le difficoltà – dice Letizia – ci sono ancora, come per chiunque, ma io ho ancora tanta speranza e fiducia, che vorrei riuscire a trasmettere anche a chi mi sta a cuore, soprattutto ai ragazzi e ai giovani che nella loro spavalderia non si rendono conto del pericolo che stanno correndo quando con gli amici ricercano lo sballo. Io insisto nel dire che l’alcol non è un virus portatore di malattia, è una vera e propria droga e come tale deve essere considerato. Cari giovani, non è vero che senz’alcol non ci si diverte, anzi, tutto diventa più costruttivo e ci si guadagna pure in salute, in denaro e, cosa più importante, in gioia di vivere! È tutto uno stile di vita che va cambiato”.

“Oggi – dice un’altra testimonianza – sento di poter essere orgoglioso di me stesso, ho potuto ricostruire, almeno in parte, ciò che prima stavo distruggendo. Ma per tutto questo devo ringraziare gli amici del Club che mi hanno accolto e che mi hanno regalato la loro comprensione, la loro fiducia, il loro sostegno, senza mai giudicarmi. È così che ho trovato il coraggio e la determinazione per dare una direzione diversa alle mie sbagliate abitudini. Questo è anche quello che ad un certo punto mi ha fatto pensare al senso delle relazioni tra le persone, della potenzialità che è propria dei legami solidali. Ricostruire legami: ecco quello di cui la nostra società ha bisogno per ritrovare il ben-essere”.

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