“Fare rete vale anche per la città”

Primo cittadino dal maggio 2015, Francesco Valduga, medico oncologo, è anche figlio dell’ex sindaco Guglielmo Valduga ed ha quindi visto cambiare la città anche dall’osservatorio della propria famiglia. Quali passaggi hanno maggiormente inciso sul volto di Rovereto, secondo lei, negli ultimi 20 anni?

Nel secolo scorso c’era stata la decisa trasformazione da area prevalentemente agricola a territorio con vocazione anche industriale, via via consolidando questa presenza. Per questo il nostro Comune e le zone limitrofe hanno risentito della crisi economica degli ultimi dieci anni in forma forse più pesante che altri contesti.

L’amministrazione, dopo aver messo in campo d’intesa con la Provincia, i cosiddetti “interventi tampone”, ha cercato di far ripartire con alcuni finanziamenti mirati le azioni di sviluppo economico. Ha trovato nell’ambito dei rapporti con gli istituti di ricerca provinciali e con l’Università alcune soluzioni che ora pongono Rovereto in una posizione d’avanguardia. Penso alla realtà di Progetto Manifattura, ma anche alla recente iniziativa che punta a formare figure professionali nuove, con valenza anche provinciale. Questi progetti innovativi e la presenza universitaria segnano oggi Rovereto in modo significativo?

Quali nuove emergenze sociali avete individuato?

In gran parte sono quelle determinate in modo diretto o indiretto dalle situazioni di mancanza di lavoro a seguito della crisi. C’è bisogno di progettare insieme un welfare in cambiamento, come abbiamo scritto nel nostro Piano Sociale, uno strumento di programmazione basato sulla convinzione che i soggetti pubblici devono avvalersi di una rete con tante altre realtà sul territorio per realizzare le piste di azione.

Come vede il rapporto fra Rovereto e le altre realtà lagarine – i territori degli ex decanati di Villalagarina, Mori e Ala – che la Zona pastorale ora accorpa?

Possiamo dire che le vicende politiche e amministrative hanno anticipato queste relazioni reciproche più strette. E’ evidente che Rovereto – pur avendo caratteristiche peculiari – non può rimanere isolata dal contesto. Con le gestioni associate di alcuni servizi a livello intercomunale quest’esigenza si è tradotta in una prassi che funziona bene: gli esempi potrebbero essere molti. Quindi se a Rovereto viene riconosciuta una leadership, anzi un un ruolo di “primus inter pares”, ci è chiaro che dobbiamo favorire ogni tipo di collaborazione.

Non solo nella festa cittadina d’inizio agosto per il voto alla Madonna o nelle proposte di solidarietà a Natale si coglie un buon rapporto fra realtà civile ed ecclesiale. Ma cosa vorrebbe chiedere ancora il sindaco alle comunità cristiane?

Certamente, lo abbiamo visto anche sabato scorso all’inaugurazione di “Betania” che è solo l’ultimo progetto condiviso. Quindi, chiederei solo di proseguire in questa direzione all’insegna di una sana sussidiarietà, nel rispetto dei ruoli. Sono convinto che i volontari delle parrocchie siano spesso più attrezzati a cogliere le nuove forme di disagio sociale e a mettervi mano. Talvolta infatti i servizi sociali si trovano di fronte a barriere – legate a tanti fattori – che rendono più arduo un lavoro di prevenzione e anche di contrasto alle nuove forme di povertà.

Che cosa è più attuale dell’eredità del “parroco” roveretano Antonio Rosmini?

Non c’è dubbio che Rosmini abbia lasciato nella nostra terra un’impronta che le iniziative degli ultimi anni hanno valorizzato, ma che dobbiamo forse approfondire ancora.

Egli non è solo un grande intellettuale, un filosofo. Dobbiamo renderci conto di come la sua elaborazione di pensieri molto alti non sia rimasta a livello accademico, ma abbia saputo tradursi in azioni concrete rivolte sempre al bene dell’intera comunità cittadina, a partire dalle persone più deboli e più fragili.

Questa sua capacità di coniugare queste molteplici forme di carità materiale con quella che lui chiamava la carità intellettuale è ancora attuale nel contesto moderno. Credo che lui sarebbe contento di un’inziativa come “Betania”. Viviamo spesso infatti in ritmi di produzione e in contesto di consumo che rischiano di produrre nuovi esclusi. Riprendere Rosmini è anche esercitare questo discernimento e darvi risposte concrete.

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